Disuguaglianza economica con un allargamento del divario tra chi ha risorse e chi deve arrangiarsi con redditi e risparmi sempre più erosi. Questa l’estrema sintesi economico-sociale della 59esima edizione del “Rapporto sulla situazione sociale del Paese”, pubblicato oggi dal Censis, che delinea altre criticità su lavoro, istruzione e fiducia sociale.
Dal punto di vista economico l’impoverimento del ceto medio indica come negli ultimi 15 anni (2011-2025) la ricchezza reale delle famiglie italiane è diminuita dell’8,5%, in un quadro più generale in cui meno ricchi (incluso il 50% più povero) hanno subito le perdite più forti, con riduzioni drastiche del patrimonio. Fra queste ultime solo una piccola minoranza ha beneficiato di una modesta crescita (circa +5,9%) del proprio patrimonio. Insomma, è stato soprattutto il ceto medio e medio-basso, a essere colpito dall’erosione dei redditi e dei risparmi acuendo le disuguaglianze patrimoniali.
Tutto ciò pone sulla lente d’ingrandimento la questione della “senilizzazione” e della bassa efficienza di lavoro e produttività, con la conseguente penalizzazione dei giovani. Il rapporto del Censis descrive un mercato del lavoro profondamente trasformato. Infatti, nei due anni 2023-2024, l’aumento occupazionale registrato (833.000 nuovi occupati) è costituito quasi esclusivamente da ultracinquantenni che rappresentano l’84,5% della nuova occupazione. Come si vede anche dalla tabella, per le fasce d’età più giovani (under 35), situazione capovolta: discesa dell’occupazione, aumento dell’inattività, e un crescente distacco tra formazione e lavoro reale.
Se vediamo quello che dice il Rapporto sul piano della produttività, le preoccupazioni sono ancora più forti: l’Italia continua a restare indietro rispetto ad altri paesi europei. Il valore aggiunto per ora lavorata o per occupato non cresce proporzionalmente, segnalando un sistema produttivo che fatica a rinnovarsi. Questo profilo “lavoro invecchiato, giovani esclusi, produttività stagnante”, fa emergere un’Italia in difficoltà nel valorizzare le nuove generazioni e nel competere con economie più dinamiche.
Tra i giovani italiani si propaga un senso di disillusione e un destino di precarietà. A parere del Censis è diffusa la convinzione che la scuola non fornisca basi adeguate per il futuro. In parallelo si diffonde l’uso dell’Intelligenza Artificiale e quasi tre quarti degli studenti delle superiori afferma di utilizzarla per studio o attività quotidiane, con molti che la considerano una competenza fondamentale per il futuro. È evidente come il mischiarsi della sfiducia nel “futuro attraverso lo studio” con la ricerca di alternative come l’Ia suggerisce un cambiamento di paradigma: i giovani non vedono nella scuola un ascensore sociale, e cercano altrove strumenti di adattamento.
La sfiducia non è solo quella dei giovani nella scuola perché il Rapporto evidenzia una crescente sfiducia nelle istituzioni e nello Stato. Un dato che lo rappresenta bene è l’altissima percentuale di italiani che teme di non poter contare su servizi sanitari e assistenziali adeguati in caso di non autosufficienza. La riprova di questa paura per il futuro e la scarsa sicurezza economica è nei dati che rilevano come molte famiglie risparmiano, cercando di comprimono i consumi culturali.
L’Italia fotografata dal Rapporto 2025 del Censis mostra un paese in ritardo economico, sociale, generazionale, segnato da disuguaglianze con un declino del ceto medio e un forte senso di sfiducia. È una fotografia attesa che non può essere accusata di postura ideologica. Nessuna volontà di “colpevolizzare” un governo o una parte politica anche se la sensibilità interpretativa mostra la visione attenta alle sofferenze sociali, alla giustizia economica e alla tutela delle fasce vulnerabili, una sensibilità che nella dialettica italiana non è associabile alla maggioranza che governa.
Assisteremo ovviamente alla corsa perversa per una sottolineatura di quei dati che ogni parte politica ritiene vantaggiosi per la propria narrazione. Resta da vedere se il Governo reagirà con politiche strutturali concrete (welfare, lavoro, redistribuzione) oppure punterà su misure di breve termine, provvisorie, o addirittura su tagli. In ogni caso, il Rapporto rappresenta un monito che difficilmente potrà essere ignorato.
