A Partinico preferiscono un sostenitore delle leggi razziale a un martire della mafia: miseria umana

Volevano intitolare il liceo della città a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia. Ma hanno preferito tenersi Santi Savarino che fu sostenitore delle leggi razziali

A Partinico preferiscono un sostenitore delle leggi razziale a un martire della mafia: miseria umana
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

16 Gennaio 2024 - 16.05


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È una storia di miseria umana e di miserabili. Siamo a Partinico, poco più di 30mila abitanti, paese ricco, legato all’agricoltura. Laggiù c’è uno straordinario golfo, il mare. Il cielo ha fretta di passare alla primavera, si sente.

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Partinico è a pochi chilometri da Cinisi, Capaci non è distante. Triangolo che non da ora fa i conti con la mafia, ma anche terra di preziosi fiori recisi dalla mafia. Senza andare a ritroso nel tempo, alle lotte per la terra contro la mafia, tra le tante va ricordata la testimonianza politica e umana di Danilo Dolci, che qui si fece siciliano, al fianco degli ultimi coi calli alle mani.

Va sfogliata la storia della lotta alla mafia, soffermarsi ai cento passi che portò Peppino Impastato dall’orrore della mafia che si respirava in famiglia, al profumo di zagara che ha l’impegno civile e democratico. Schiaffo a questa tradizione democratica, chi qui amministra non sa guardare al governo del territorio se non in termini di potere. E potere giocato tra le pieghe delle peggiori espressioni politiche, quelle vecchie e quelle che si sono insediate coi patti di finti autonomisti con la Lega di Salvini.

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Sindaco di Partinico è Pietro Rao, che si muove in questo quadro. Nel suo curriculum, un paio di corse al parlamento di Roma, uno raggiunto grazie alla rinuncia a Roma del leader del Movimento Autonomista che recentemente ha rinnovato il patto con Salvini.

In questo quadro, la memoria di Peppino Impastato ha avuto la peggio, sulla targa del liceo scientifico: resta il nome di Santi Savarino.

Savarino, chi era costui?

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Giornalista, fu tra i sostenitori delle miserabili leggi razziali. Finito il fascismo, non affondò, come tanti altri riuscì a darsi uno spazio nell’Italia repubblicana uscita dal fascismo. Fin da subito. Dopo il 25 luglio del 1943, con la caduta del regime e l’arresto di Benito Mussolini, il nuovo capo del Governo, Badoglio, lo nominò commissario dell’Ente Stampa con il compito di vigilare sulla eventuale pubblicazione di “notizie non autorizzate” e di procedere al sequestro dei giornali che se ne fossero resi colpevoli. Da sostenitore del fascismo razzista a censore di Stato. Terminata la guerra, nel 1946 assunse la direzione del quotidiano romano Il Giornale d’Italia, quando la testata, sospesa dagli alleati anglo-americani, aveva ripreso le pubblicazioni. Mantenne la direzione fino al 1962.

Ecco chi era Santi Savarino, preferito a Peppino Impastato in un liceo dove i giovani, già solo entrando in classe, avrebbero potuto capire da che parte stare nella vita.

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