Una nuova ricostruzione dell’omicidio di Aldo Moro. A riscrivere questa pagina della storia e a ricostruire gli ultimi momenti del leader della Dc, ucciso il 9 maggio del 1978, sono stati i Ris del colonnello Ripani. “Chi sparò a Moro, lo guardò in volto”: a questo sono giunti nella relazione presentata alla Commissione parlamentare di indagine sul suo rapimento e sulla sua morte dopo aver analizzato, con accertamenti balistici ed ematici, l’interno della Renault 4 rossa all’interno della quale fu ritrovato il corpo di Moro, in via Caetani a Roma.
Secondo la nuova ipotesi dei Ris, l’omicidio sarebbe avvenuto con una serie tre spari: due armi e 12 proiettili esplosi in tuto. Secondo la ricostruzione la prima serie da 3, quella che colpisce inizialmente Moro, è mentre il leader della Democrazia cristiana “è seduto sul pianale, sopra la coperta, con il busto eretto e le spalle rivolte verso l’interno dell’abitacolo”. Quei tre colpi lo raggiungono “con direzione ortogonale al torace”. Moro si accascia ed è colpito da altri spari della Skorpion. Infine due spari, stavolta da due armi diverse: uno di una pistola Walther Pkk calibro 9, l’altro ancora della Skorpion calibro 7.65.
Si tratta di una ricostruzione “inedita” che, come ha sottolineato suo tempo il presidente della Commissione, Giuseppe Fioroni, mette in discussione la “verità” fornita dai brigatisti, soprattutto su quanto raccontato dal capo dell’operazione Moro, Mario Moretti che raccontò, accusandosi del delitto, di aver fatto sistemare Moro nel bagagliaio della Renault, di averlo fatto coprire con la coperta e solo dopo di avergli sparato.
“Dobbiamo capire come e perché la Walther calibro 9 arrivò nel covo di via Silvani – aveva detto Fioroni commentando la relazione – il report del Ris non coincide con le ricostruzioni finora fatte sulla morte di Moro e con le modalità finora raccontate”.