Per un mondo senza bomba atomica: "Io disarmo il futuro"

Oltre mille giovani per l'evento "Senzatomica Revolution Talks: io disarmo il futuro” Roma per dire no alle armi nucleari: parla il presidente Daniele Santi

Giovani Senzatomica all'Auditorium Parco della musica di Roma - intervista a Daniele Santi - di Alessia de Antoniis
Giovani per Senzatomica all'Auditorium Parco della musica di Roma
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5 Febbraio 2023 - 12.47


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di Alessia de Antoniis

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Si è svolto a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, l’evento “Senzatomica Revolution Talks: io disarmo il futuro” organizzato dalla campagna Senzatomica con lo scopo di sensibilizzare le nuove generazioni sul tema del disarmo nucleare e promuovere la nuova mostra “Senzatomica – trasformare lo spirito umano per un mondo libero da armi nucleari”. Oltre 1.100 giovani insieme a Roma per dire no alle armi nucleari

È il 1955. Pochi giorni prima di morire Albert Einstein scriverà una lettera, giunta postuma, all’amico e collega Bertrand Russell. Sarà considerato il suo testamento.

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Noto come Manifesto Einstein-Russell, nel documento si legge

“In considerazione del fatto che in ogni futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi mettono in pericolo la continuazione stessa dell’esistenza dell’umanità, noi rivolgiamo un pressante appello ai governi di tutto il mondo (…) a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tutte le questioni controverse fra loro. (…) Parliamo (…) non come membri di questa o quella Nazione, Continente o Fede, ma come esseri umani, membri della razza umana, la continuazione dell’esistenza della quale è ora in pericolo”. Un appello “come esseri umani ad esseri umani”.

Tra i firmatari del manifesto alcuni degli scienziati più famosi del tempo, alcuni dei quali avevano contribuito alla creazione della bomba atomica.

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Dopo il lancio dei due ordigni nucleari su Hiroshima e Nagasaki, le armi nucleari erano state l’elefante nella stanza, quello di cui tutti sapevano ma nessuno veramente parlava. Dai tempi della Guerra Fredda, poi, il principio della deterrenza ci aveva illusi che quell’elefante non si sarebbe mai palesato, sotto la costante minaccia di un ipotetico topolino.

E noi, come la povera rana di Chomsky stordita dai vapori, ci siamo vigliaccamente assuefatti a questa convivenza, sul nostro pianeta, con testate nucleari pronte al lancio. Complice anche la propaganda hollywoodiana, i conflitti nucleari sono entrati nelle nostre case come blockbuster con un lieto fine, come buoni soggetti per sceneggiature di successo.

Ma nuove rane sono nate, giovani che non hanno intenzione di morire bollite, che stanno iniziando a lottare per qualcosa che non erediteranno da noi, ma che noi abbiamo preso in prestito da loro: il nostro pianeta.

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Mille di quei giovani si sono riuniti per rivendicare il diritto a vivere in un mondo Senzatomica e, dello spirito di questo movimento, abbiamo discusso con Daniele Santi, presidente della campagna Senzatomica, uno dei principali partner italiani di ICAN – International Campaign to Abolish Nuclear Weapons – premio Nobel per la Pace 2017.

Perché lottate per l’abolizione totale delle armi nucleari e non, come stanno facendo molti, per la pace nel mondo?

Noi riteniamo che le armi nucleari siano il male assoluto. Nessun’altra minaccia sulla terra sarebbe così veloce e distruttiva come quella dovuta a un conflitto atomico. Le armi nucleari pongono l’esistenza stessa della vita sul pianeta terra a rischio, in maniera anche più accelerata dell’altra grande emergenza che è quella climatica.

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Ci tengo a sottolineare che non riteniamo il vero nemico le armi nucleari in quanto tali, i Paesi che le possiedono, le producono e le sviluppano. Per noi il vero nemico è il modo di pensare che giustifica l’esistenza delle armi nucleari, l’essere disposti all’annientamento totale dell’altro per il raggiungimento dei propri fini. La storia ha dimostrato che l’arma nucleare diventa un game over. Gli stessi militari sostengono che non è un’arma strategica, perché il conflitto nucleare coinvolgerebbe l’annientamento di se stessi. Per come è configurato oggi il Mutual assured destruction, il cui acronimo è MAD, pazzia, nel momento in cui dovessero partire delle testate nucleari da un Paese, immediatamente partirebbero anche da altri e nel giro di quindici minuti non ci sarebbe più niente da fare.

Si sente parlare di armi nucleari tattiche, di armi nucleari piccole. La bomba che gli Stati Uniti hanno fatto scoppiare su Hiroshima, aveva una potenza di 15 chilotoni e ha fatto 140.000 morti. Oggi le bombe che vengono definite piccole hanno una potenza che va da 0,5 a 100 chilotoni e sono quelle che stanno ammodernando ora in Europa nelle basi italiane di Aviano e Ghedi, in Germania, Belgio e Paesi Bassi, tutti Paesi che rientrano nel regime di nuclear sharing in qualità di membri della Nato.

Oggi i sondaggi dicono che più dell’80% degli italiani è a favore del disarmo nucleare, a favore del TPNW, il Trattato internazionale per l’abolizione delle armi nucleari. Ma la posizione dell’Italia è ancora quella di sostegno: siamo per il disarmo nucleare, ma con un approccio progressivo. 

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In realtà l’unica strada possibile oggi è il trattato per l’abolizione delle armi nucleari, fortemente voluto dalla società civile, dalle e dagli Hibakusha, i sopravvissuti alle bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki e che, nel 2017, abbiamo negoziato insieme alla campagna Ican alle Nazioni Unite. Per questo Ican è stata insignita del premio Nobel per la pace nel 2017.

Quando è iniziata questa Campagna, parlavamo dei trattati per la messa al bando delle mine antiuomo, per la messa al bando delle armi biologiche e chimiche. E ci dicevano: per le armi nucleari non sarà possibile. Le armi nucleari oggi non sono più legali. È ovvio che le potenze nucleari non riconoscono il trattato. L’Italia, che ha sempre avuto un ruolo di mediatrice, non ha fatto nessun passo. Quando abbiamo organizzato la prima conferenza degli Stati partner del Tpnw, a Vienna, abbiamo invitato l’Italia come Stato osservatore. Sono venuti la Germania i Paesi Bassi e il Belgio, cioè le altre tre nazioni che ospitano testate nucleari statunitensi. L’Italia non ha partecipato neanche come Stato osservatore. Ecco perché è urgente far sì che l’opinione pubblica possa pacificamente, sulla base del principio che il vero nemico non è lo Stato che possiede le armi nucleari, cambiare modo di pensare. Per noi la via da intraprendere è quella del dialogo. Oggi, insieme a mille giovani qui all’Auditorium, abbiamo l’obiettivo di informare le persone affinché abbiano una consapevolezza diversa e conoscano qual è la reale faccia delle armi nucleari.

Ancora oggi molti militari parlano di quanto fino ad oggi la deterrenza ci abbia protetto. Deterrenza significa che le armi nucleari armi vengono usate come minaccia. Dando però la possibilità, a chi le possiede, di invadere la sovranità di un altro Paese e iniziare una guerra minacciando con frasi come “altrimenti uso l’atomica”.

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Siamo a 90 secondi dalla mezzanotte per l’orologio dell’apocalisse. In 75 anni non era mai stato così vicino alla mezzanotte. Questo ci deve far riflettere, ma soprattutto ci deve far impegnare per mettere al centro dell’agenda politica dell’Italia questo tema. Questa per noi è l’urgenza maggiore.

Ha parlato di deterrenza, adottata nella politica internazionale perché uno Stato possa inibire l’azione di un altro. Quanto invece la deterrenza è passata attraverso il linguaggio della propaganda per fare accettare l’atomica alle persone comuni? Perché se l’80% degli italiani ha risposto no alle armi nucleari, magari hanno presupposto che il disarmo fosse totale e contestuale. Credo che nessuno sia disposto a rinunciarci per primo. Il principio della deterrenza usa la paura come arma di propaganda e la paura, instillata per diffondere uno pseudo pacifismo, è ormai radicata nelle menti delle persone…

Purtroppo è così. Per questo cerchiamo di diffondere un’informazione diversa da quella prevalente. Dire che ho le armi nucleari così non vengo attaccato è una situazione che regge finché gli Stati firmatari del Tpnw mantengono un equilibrio tra loro. Fino ad ora, dopo Hiroshima e Nagasaki, non è più stata usata un’arma nucleare. Ma fino a che punto siamo disposti a vivere sotto questa minaccia? In realtà, in realtà se ci fosse un conflitto in Europa, le prime basi, i primi Paesi ad essere attaccati, sarebbero quelli che hanno le armi nucleari. È un falso senso di sicurezza basato sulla paura.

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Questo è quello che cerchiamo di smontare, questo meccanismo che invece è stato fortemente radicato nelle coscienze delle persone .

L’Italia non è uno dei Paesi che “ha la bomba atomica”, ma in virtù del nuclear sharing, ospitiamo testate nucleari statunitensi ad Aviano e Ghedi. Cosa comporta?

La Federation of American Scientist (FAS) stima, perché il numero esatto non è reso ufficiale, che in Italia ci siano circa 40 testate tra Aviano e Ghedi. Non armate, ma pronte per esserlo. E anche inutili perché, se scoppiasse un conflitto, in 15 minuti sarebbero distrutte e noi non avremmo neanche il tempo di armarle e usarle. Ma per il nemico siamo armati, quindi, se uno deve far fuori un Paese, attacca prima quello che le detiene. Siamo l’esempio di come, avere armi nucleari sul proprio suolo, non solo non ci protegge, ma ci espone a un rischio maggiore.

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Movimenti come Senzatomica vanno a cozzare non solo contro gli Stati, ma contro soggetti sovranazionali che in questo momento governano il mondo. Vi sentite Davide e Golia? La realtà è che noi stiamo aumentando le spese militari e ci sono interessi tesi a farle aumentare.

Saranno i giovani quelli che, con il loro coraggio e la loro passione, prenderanno la responsabilità del mondo lasciato dei genitori. Arriva il momento nella vita di ognuno di noi in cui si passa dall’essere accuditi all’accudire i nostri genitori. Credo che questo sia il momento in cui sono i giovani che si prendono cura degli adulti che si stanno comportando da irresponsabili.

Anche se siamo Davide e Golia, anche se il potere, dal punto di vista economico e di decisione politica, è dalla loro parte, ricordiamoci che il valore della democrazia significa rispettare quello che i cittadini e le cittadine vogliono. Mi sembra palese che bisogna cominciare ad ascoltare.

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Rispetto a dieci anni fa, quando ci etichettavano come attivisti pacifisti, siamo riusciti a riportare il tema del disarmo nucleare al centro del dibattito politico e civile. Ci tengo però a ricordare che per noi lo strumento è sempre il dialogo: il nemico non è il Governo, non sono questi sistemi massimi che prendono decisioni. Il nostro obiettivo è creare una cultura di pace. E questo inizia dal dialogo con ogni singolo individuo.

In quest’ottica abbiamo invitato la Presidente del consiglio Giorgia Meloni, il sindaco di Roma e tutte le figure politiche che rappresentano i cittadini e le cittadine italiani. Noi continueremo un’opera molto paziente di dialogo con loro.

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