Diffamò il magistrato: Berlusconi deve risarcire l'ex pm di Milano Robledo

È stato respinto dalla Cassazione il ricorso dell'ex premier Silvio Berlusconi contro la condanna civile a risarcire con 50mila euro l'ex pm di Milano Guido Robledo per danni da diffamazione

Diffamò il magistrato: Berlusconi deve risarcire l'ex pm di Milano Robledo
Silvio Berlusconi
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27 Gennaio 2023 - 19.41


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Berlusconi, quello che parla della politicizzazione della magistratura.  È stato respinto dalla Cassazione il ricorso dell’ex premier Silvio Berlusconi contro la condanna civile a risarcire con 50mila euro l’ex pm di Milano Guido Robledo per danni da diffamazione, come stabilito dalla Corte di Appello di Brescia nel 2020. I fatti risalgono al 2006 quando, durante una conferenza stampa, l’allora Presidente del Consiglio accusò i pm del processo Mills di essersi rifiutati «di fare la giusta rogatoria» alle Bahamas che, a suo dire, li avrebbe smentiti e li definì «magistrati indegni che con i soldi degli italiani tramano contro il premier nel pieno della campagna elettorale».

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Nel processo Mills, l’ex premier e leader azzurro era imputato per corruzione in atti giudiziari, accusa dalla quale è stato prosciolto per prescrizione. Anche il pm Fabio De Pasquale rappresentava la pubblica accusa, insieme a Robledo, ma non ha intrapreso l’azione giudiziaria nei confronti di Berlusconi.

Ad avviso della Cassazione – verdetto 2605 della Prima sezione civile – il ricorso promosso dalla difesa di Berlusconi, rappresentato dagli avvocati Fabio Lepri e Fabio Roscioli, «trascura di considerare che la decisione» della Corte bresciana «ha accertato con motivazione puntuale, ampia e completa anche la falsità delle accuse rivolte ai pubblici ministeri di voler influenzare l’attività politica».

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Ad avviso degli `ermellini´, con la decisione dell’appello, conforme a quella del primo grado del 2017, «l’esercizio del diritto di critica » da parte di Berlusconi «non è stato affatto negato» dalla corte bresciana che «invece, ha evidenziato gli elementi costitutivi della diffamazione sia sotto il profilo della non veridicità del narrato – in merito alle attività investigative di cui si lamenta il mancato svolgimento ed in merito alle accuse di sviamento e di asservimento degli inquirenti alla parte politica avversa -, sia sul piano della gravità e della sproporzione delle accuse».

Proprio la gravità delle accuse rivolte ai pm, prosegue la Cassazione, ha portato «ad escludere la continenza e la ricorrenza della scriminante, rimarcando – di contro – l’esistenza di fisiologici strumenti predisposti per assicurare l’esercizio di difesa dell’indagato/imputato dinanzi al giudice».

Secondo i legali di Berlusconi, invece, «sarebbe stata compressa la libertà» dell’allora premier «volta a mettere in discussione le scelte dell’accusa `coram populo´» dimenticando che «il diritto di critica e il potere di impugnare costituiscono estrinsecazione di diritti fondamentali autonomi». Ad avviso dei difensori, infine, «il nucleo essenziale» del discorso di Berlusconi «doveva ritenersi vero e pertanto anche nella parte giudicata illecita le dichiarazioni rese nel corso della conferenza stampa e della trasmissione radiofonica del 2006» dovevano essere considerate «legittime». 

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