Il presidente della Cei Zuppi: "Serve una Chiesa che arrivi in strada tra la gente"

Le parole del cardinal Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e neo presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Il presidente della Cei Zuppi: "Serve una Chiesa che arrivi in strada tra la gente"
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16 Luglio 2022 - 11.52


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Parole chiare e nette: La Cei «non deve essere un’amministrazione delle chiese locali o una struttura che si autoalimenta. Deve essere agile, per servire una Chiesa che arriva in strada, tra la gente».

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Lo dice in un’intervista a Qn il cardinal Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e neo presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Oggi, «in un mondo sempre più scristianizzato», nella Chiesa «alcuni hanno la tentazione di guardare indietro» e «di chiudersi. Invece la scelta di Francesco è quella di incontrare tutta l’umanità, di parlare con tutti, di ascoltare tutti. È una scelta molto coraggiosa» sottolinea.

Nel periodo che viviamo il nodo per i giovani «è la precarietà. È una generazione che già è stata privata di molti punti fermi… Insomma già sono vulnerabili, già non hanno certezze, se poi hai così tante difficoltà nel trovare un lavoro stabile, come fai a fare programmi? Non ti viene neanche il gusto di sognarlo, il futuro. E allora scegli di vivere solo il presente. E vivi male anche quello, perché non hai un obiettivo».

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Zuppi pensa anche «al rapporto fra il salario di un operaio e quello di un amministratore delegato: una volta il secondo era superiore di una dozzina di volte, oggi anche di centinaia. La Chiesa non può accettare tutto questo».

Tra i temi che dovrà affrontare la Cei c’è anche la questione della pedofilia: «faremo un rapporto sugli ultimi vent’ anni, cioè su quelli di cui abbiamo i dati. Lavoriamo sulle responsabilità accertate, altrimenti si rischia di scantonare. Il problema è anche cercare di capire come sia potuto succedere. Sicuramente non c’è stata una sufficiente presa di coscienza». Si coprivano gli scandali «per non creare scandalo, spesso con le migliori intenzioni. Ma non era e non è accettabile». 

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