Il fratello di Saman punta il dito contro un altro cugino: "Ha detto: ho il motorino, getto il corpo..."

Il giovane tira in ballo altri due parenti al momento non indagati, ma che nel suo racconto presero parte alla riunione di famiglia che sentenziò la morte della sorella

Saman Abbas
Saman Abbas
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26 Settembre 2021 - 12.10


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“Uccidete, sennò io porto… cioè, ci sono…ho il motorino, facciamo piccoli pezzi e buttiamo nel…Guastalla, no? C’è un fiume, buttiamo là. Lei fa troppe cose, mette pantaloni, eh…”.
Con queste parole un altro cugino di Saman, al momento non indagato, avrebbe spinto i genitori della 18enne e lo zio Danish a uccidere la ragazza. A riferirlo è sempre il fratello 16enne di Saman, parlando di quella riunione di famiglia che condannò a morte la sorella. Lo riporta La Gazzetta di Reggio.
“Hanno forzato tantissimo Danish – rimarca il minorenne negli interrogatori, tirando in ballo altri due cugini residenti a Novellara e al momento non indagati – e anche mio papà, perché mio papà non ha pensato mai questa cosa di uccidere, neanche di toccare. Poi…Danish ha fatto questa cosa, lo so io, Danish ha fatto”.
Oltre alle nuove accuse ad altri parenti, il 16enne, rispondendo alle domande nell’interrogatorio-chiave, ripercorre la notte fra il 30 aprile e il Primo maggio, quando la sorella litigò con i genitori per l’ennesima volta ed uscì di casa con in spalla lo zaino, scomparendo per sempre.
Sulla porta di casa – ha detto – di essersi reso conto dell’aggressione alla sorella nel momento in cui arriva lo zio, chiamato telefonicamente dal padre, mette una mano sulla bocca della giovane pakistana e nel silenzio si sente solo la sua voce (“Lasciatela a me, ci penso io”), mentre la porta via. E ciò che il fratello ha intravisto nel buio troverà conferma quando lo zio rientrerà a casa – “una o due ore dopo” – e senza tanti giri di parole dice al ragazzo: “L’ho uccisa. Tua sorella è…. Non dire ai carabinieri”.
Ma cosa ne è del cadavere di Saman? Nell’incidente probatorio il fratello si dice convinto che il corpo non sia molto lontano dall’azienda agricola dove la famiglia Abbas lavorava. “Io non ho guardato dove l’hanno messo e dove l’hanno fatto. Quello che ho saputo io l’ho detto ai carabinieri”, ha concluso il minore.

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