Il vaccino anti-Covid diventa un trend: sul web impazzano i selfie e il merchandising dei 'vaxinisti'

Per i 'fanatici' del vaccino l'entusiasmo per l'immunizzazione non può restare un segreto sottopelle

Vaxinisti, merchandising
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16 Giugno 2021 - 13.48


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C’è una frase che compare molto spesso sotto le foto di chi mostra sui social le foto delle proprie vaccinazioni anti-Covid: “Se non posti la foto, non fa effetto”.
Come scrive S. Renda, la frase si ripete sotto centinaia di scatti che mostrano volti sorridenti incorniciati dalle mascherine, braccia scoperte mentre la siringa inietta il vaccino contro il covid.
Chi sceglie di mostrare la propria somministrazione sui social ironizza sul trend a cui ha finito per adattarsi: al pari dell’incontro con un personaggio famoso, della foto con l’alloro in testa nel giorno della laurea, lo scatto da neoimmunizzato deve passare per la visibilità delle bacheche di Instagram, Facebook o Twitter.
Altrimenti si gode a metà. Il vaccino diventa fashion e per i nuovi influencer il nome c’è già, “vaccinista”: fautore a oltranza dei vaccini e della vaccinazione.
L’entusiasmo, per carità, è lecito. Dopo oltre un anno trascorso in penitenza per il dramma covid, quell’iniezione nel braccio è il ticket per la via d’uscita e la gioia va condivisa. Vaccino come fenomeno di costume, la casa farmaceutica produttrice è domanda per rompere il ghiaccio. “Tu Pfizer o AstraZeneca?”, comincia la conversazione. E via così, soppiantando il compito che per anni era toccato alle condizioni metereologiche.
Può il trend sfuggire all’avido occhio del marketing? Non sia mai. I quotidiani del giorno in cui è stato annunciato l’arrivo del vaccino vengono venduti a quasi 50 euro. Su eBay vecchi cimeli marchiati con i loghi Pfizer e AstraZeneca costano adesso decine e centinaia di euro: 180 euro per un fermacarte firmato dall’azienda anglo svedese, 60 euro per la penna a sfera. Le offerte per un camice da laboratorio Pfizer partono da 120 euro.
Tutti oggetti per i quali fino a poco tempo fa nessuno avrebbe aperto il portafoglio smuovendo quelle cifre. Come racconta il Guardian, da anni un venditore aveva piazzato sul sito la sua penna a marchio Pfizer, senza che nessuno se ne fosse mai interessato. Ora ha ricevuto oltre 20 richieste di persone che chiedono di acquistarlo, di averlo subito, senza passare per l’asta del sito.
“La pandemia ha portato una frenesia di collezionismo”, afferma al quotidiano britannico il dottor Dimitrios Tsivrikos, psicologo dei consumatori, “La gente pensa che questi oggetti potrebbero essere preziosi tra 10 anni, ma li comprano anche come un modo per prendere il controllo su quella che è stata una situazione molto difficile”.
“Io c’ero” sembra gridare la maglietta che porta su impresso il nome delle case produttrici di vaccini. Come al ritorno da un concerto, c’è l’orgoglio per il gruppo sostenuto, la volontà di mostrarlo agli altri, senza che l’appartenenza resti un segreto sottopelle.
Ci sono cappelli con su scritto “vaccinato”, “Pfizer” è un hashtag su una maglia stampata in diversi colori. “Prima della pandemia, non molte persone avevano sentito parlare di Pfizer”, afferma un ex dipendente statunitense dell’azienda al Guardian. Ora la casa farmaceutica è sulla cresta dell’onda, il suo vaccino è considerato quello più efficace e con minori effetti collaterali. Tutti lo vogliono, e questo è un problema. Il fatto che Pfizer diventi un brand potrebbe innescare “esitazione vaccinale” verso gli altri sieri.
Tuttavia, il trend – per quanto possa risultare inappropriato per alcuni viste le basi tragiche sulle quali si fonda – finisce per produrre anche un effetto positivo. In una fase in cui la cronaca e la comunicazione zoppicante sui vaccini ha generato qualche timore sul loro utilizzo, il vaccino pride scatena l’effetto opposto. Il fenomeno fashion fa proseliti, la gente vuole poter indossare quel marchio e, dunque, viene incoraggiata a vaccinarsi.

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