Corte dei Conti sul vaccino italiano ReiThera: " Manca un valido investimento produttivo"

La magistratura contabile motiva lo stop al vaccino italiano, ritenendo inammissibile l'impegno da parte dello Stato

Vaccino ReiThera
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21 Maggio 2021 - 13.11


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La Corte dei Conti, che qualche giorno fa aveva bloccato i fondi del governo in direzione dello sviluppo del vaccino italiano ReiThera, oggi ha rilasciato le sue motivazioni.
E’ stata depositata la deliberazione con la quale la sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato della Corte ha reso note le motivazioni alla base della ricusazione del visto di legittimità e della conseguente registrazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico con cui è stato approvato l’accordo di sviluppo sottoscritto il 17 febbraio 2021 dal Mise, dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia e dalla società ReiThera, volto a sostenere il programma di sviluppo industriale da realizzare nello stabilimento produttivo di Castel Romano (Rm).
In particolare, spiega la Corte, “tale programma prevedeva un progetto di investimento finalizzato all’ampliamento dello stabilimento produttivo sito in Castel Romano e un progetto di ricerca industriale e sviluppo sperimentale destinato a completare la sperimentazione clinica (studi clinici di fase 2 e 3) del vaccino anti Covid-19”.
La magistratura contabile ha quindi ritenuto il progetto di investimento proposto “inconciliabile” con la condizione posta dal decreto ministeriale 9 dicembre 2014, secondo cui “le spese sono ammissibili ‘nella misura necessaria alle finalità del progetto oggetto della richiesta di agevolazioni’ e non, come invece risulta dal progetto presentato, per le finalità generali – produttive o di ricerca, anche per conto terzi – perseguite da ReiThera, né per le ancor più generali finalità di rafforzare la consistenza patrimoniale dell’impresa”.
Secondo la Corte, il progetto di investimento produttivo, infatti, ai sensi dello stesso decreto ministeriale, “non può riguardare l’intero complesso aziendale ma solo determinate ‘unità produttive'”.
“L’acquisto della proprietà della sede operativa della società, sita in Castel Romano (Rm), per un previsto importo di euro 4.000.000,00 – spiega la Corte – non attiene alla singola ‘unità produttiva’, rappresentata dal realizzando impianto di infialamento e confezionamento, come sostenuto dall’Amministrazione, ma riguarda l’intera sede dove la Società svolge il complesso delle sue attività che ‘nel 2019 ha riguardato essenzialmente attività di ricerca e sviluppo per conto della società controllante Keires A.G’, come riportato nella stessa relazione di Invitalia”.
“L’inammissibilità del progetto di investimento costituito dall’acquisto della proprietà della sede operativa della Società – conclude la Corte – non consente, pertanto, ad avviso della Sezione, al solo investimento rappresentato dalla realizzazione dell’impianto di infialamento e confezionamento, per un importo di euro 7.734.126,68, di raggiungere la soglia minima di 10 milioni di euro prescritta” dal decreto ministeriale “per la validità dell’investimento produttivo”.

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