L'avvocato Rampioni: "Sono oggetto di una aggressione mediatica perché difendo Palamara"

Il legale scrive una lettera a Mattarella e Cartabia: "Ho sempre mantenuto un profilo basso, sempre lontano dai media e dai salotti romani, frequentati da professionisti e magistrati. Eppure..."

Luca Palamara e Roberto Rampioni
Luca Palamara e Roberto Rampioni
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31 Marzo 2021 - 17.05


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Provengo da famiglia modesta; non ancora ventiduenne, studiando e lavorando, mi sono laureato con il massimo dei punti e la lode.
I proff. Tullio Delogu e Giuliano Vassalli mi hanno invitato a continuare gli studi presso l’Istituto di  “Diritto e procedura penale” dell’Università “La Sapienza”  di Roma, dove ho avuto l’opportunità di essere chiamato a collaborare nello Studio professionale del prof. Giuseppe De Luca.
Da questi “giganti”, prima ancora della deontologia, ho appreso la regola della intransigenza morale.
Per molti anni, sino alla vincita del concorso di prima fascia, ho avuto la fortuna di conoscere e lavorare in Istituto con i proff. Marcello Gallo, Giovanni Conso, Franco Bricola, Franco Cordero, Franco Coppi: un’esperienza unica e, temo, irripetibile per le nuove generazioni penalistiche. 
Qui, fra l’altro, con Giorgio Lattanzi ed Ernesto Lupo, ancora giovani magistrati, è ri-nata la rivista “Cassazione penale”, di cui mi onoro di essere nella Direzione, pressoché unico avvocato tra molti valorosi magistrati. 
Tutto ciò – forte della regola morale richiamata – mi ha anche insegnato a sentirmi libero da meschini condizionamenti.
Nell’esercizio professionale, che svolgo con qualche successo da ormai cinquanta anni, ho sempre mantenuto un  “profilo basso”, sempre lontano dai cd. media e dai tanti “salotti-ritrovi” romani, frequentati da professionisti e magistrati.
 
Ora, avviene che nella veste di difensore del dott. Luca Palamara da alcuni giorni sono al centro di una strumentale e squallida aggressione mediatica da parte di due importanti quotidiani italiani.
Venerdì 26 marzo u.s. il “Corriere della Sera”  titola: “Palamara interrogato al Csm – Sospetti su una fuga di notizie. 
L’incontro tra il suo avvocato e un consigliere alla vigilia dell’audizione; ed, analogamente, “La Repubblica” anche, in prima pagina: “Palamara. Il legale vede il consigliere ed imbarazza il Csm. Ieri ascoltato l’ex pm. 
Il giorno prima l’incontro tra il suo avvocato e il “laico” del Consiglio”.
Si offre, in definitiva, al lettore un “fatto” di eccezionale gravità (ragione per la quale, mutatis mutandis, da parte dell’Avvocatura si invoca da anni la separazione delle carriere tra PM e giudice): il “singolare incontro”, l’incontro “off limits”, il “rendez vous” sarebbe avvenuto per ricevere “informazioni preventive” circa i temi da trattare e le domande da rivolgere al dott. Luca Palamara in sede di audizione.
Notizia spudoratamente falsa.
E non già per le ragioni ed i contenuti reali dell’incontro, già esplicitati attraverso un comunicato; incontro che chi scrive rifarebbe sempre, fermo nell’idea che – a maggior ragione ad un amico – non si chiede e non si offre alcunché che possa minimamente imbarazzarlo; neppure si sfiora un argomento “sensibile”. 
E ciò può essere testimoniato dai quei magistrati amici dinanzi ai quali ho trattato processi.
Notizia spudoratamente falsa perché è notizia “costruita”, almeno da parte del suo artefice; veicolata alle due testate, già rivelatesi compiacenti al cd. “Sistema”, ed offerta ai media per raggiungere uno scopo “ulteriore”.
Il fatto storico:
− l’incontro, più volte rinviato (anche per ragioni legate alla pandemia: quarantena cautelativa), viene concordato per il 24 marzo ben prima della comunicazione della fissazione dell’audizione, che perviene all’interessato la stessa mattina del 24;
− il luogo dell’incontro (anche per ragioni legate alla pandemia, possibile luogo alternativo: la strada) viene individuato nello studio, in piena trasparenza (è trascritto nell’agenda): nello stabile in cui risiede il Procuratore generale e la di lui moglie; all’ora di pranzo, orario in cui il Procuratore solitamente fa rientro; studio che verrà raggiunto dal prof. Lanzi coll’autovettura di servizio; luogo di incontro, all’evidenza, non da riunione “carbonara” come ben avrebbero potuto essere le rispettive abitazioni degli interlocutori;
− l’incontro avviene alle h. 13 circa per circa trenta minuti; il prof. Lanzi, verosimilmente, viene visto uscire dallo stabile;
− come – e gravemente – affermano gli stessi articolisti, la riunione della Sezione disciplinare nel corso della quale vengono individuati i “temi” da trattare in sede di audizione è tenuta nel pomeriggio; il prof. Lanzi, dunque, non avrebbe potuto offrire alcuna indicazione preventiva;
− il dott. Palamara non viene “interrogato” – come maliziosamente si afferma – così da essere agevolato dalla “fuga anticipata di informazioni”; egli viene “audito”, per così dire, a chiarimento, sulle proprie e note chat in ordine alla posizione disciplinare di “altri” magistrati: il suo procedimento disciplinare innanzi al Csm è da tempo chiuso; i temi attualmente in discussione innanzi alla Prima commissione, per giunta, non attengono minimamente alla vicenda penale ancora pendente presso il Tribunale di Perugia.
Conclusivamente sul punto: il prof. Alessio Lanzi non era in possesso di alcuna informazione riservata da rivelare al difensore del dott. Palamara nella prospettiva dell’audizione dell’indomani.
La riprova: l’audizione, “nonostante il disappunto della presidente della Commissione”, si tiene regolarmente con la partecipazione del prof. Lanzi che, tuttavia, per scongiurare polemiche non rivolge domande: il dott. Palamara risponde sui temi concordati dai componenti della Commissione.
Ciò che emerge, e con assoluta chiarezza, è che non è mai esistito un interesse della difesa Palamara ad informazioni relative ad un procedimento disciplinare che riguarda “altri”, ma che vi è – come è dato evincere da quanto sostenuto dagli articolisti – il diverso interesse di almeno parte della Commissione di “silenziare” il più possibile il “teste”, di “non offrirgli lo spunto per tornare sugli argomenti” trattati nel noto libro.
 
L’incontro “singolare”, “non di cortesia”, “off limits”, viene scoperto dal dott. Salvi che, prontamente, avrebbe convocato per la sera stessa di mercoledì 24 l’Ufficio di Presidenza del Csm, per poi incontrare e riferire alla Commissione disciplinare la mattina successiva, prima dell’audizione.
Sembrerebbe emergere la vieta e ormai diffusa logica del sospetto, atteggiamento tipico dell’inquisitore che non si confronta – con onestà intellettuale – con i “dati”.
Solo in apparenza. In realtà, nel caso in esame, l’Ufficio di Presidenza i “dati” li conosce perfettamente, tanto che l’audizione avviene, appunto, con la partecipazione del (pur reprobo) membro laico.
Alla luce di quei “dati”  l’atteggiamento, prudente, da tenere a tutela dell’”immagine” di un Csm di recente “in difficoltà”, avrebbe dovuto portare a non veicolare all’esterno la notizia dell’”incontro”.
Ciò, del tutto irragionevolmente, non avviene.
Ed allora è consentito, e con fondamento, ritenere che in qualcuno abbia preso corpo quell’interesse “ulteriore”, quella strumentalizzazione dell’incontro, che porta ad aggredire la onorabilità e la reputazione professionale di posizioni terze pur di inibire le iniziative, lecite e doverose, di quei membri (si apprende, Lanzi, Di Matteo, Basile) tese ad “ampliare il più possibile il perimetro dell’audizione”, come del resto richiesto da quei numerosi magistrati che non si riconoscono nel “Sistema” delle correnti; o, meglio, l’interesse ad ottenere che il prof. Lanzi lasci la Commissione, così da scongiurare “preoccupanti” voti di parità.
Come notorio, e ben chiarito nel volume “Il sistema”, un tal genere di operazione, per riuscire, ha necessità di una sponda mediatica, di qualcuno che si presti – anche contro il dato storico – ad offrirla in modo ingannevole al lettore. Ecco che, una volta di più, nella vicenda “Palamara” (la terza), la “notizia”  viene veicolata all’esterno e, meravigliosamente, entrano in gioco i due quotidiani che, appunto, si sono distinti in argomento: in linea generale, oscurando la vicenda, per poi episodicamente intervenire su quanto in modo specifico indicato col “pizzino” ad essi recapitato.
 
Tutto ciò viene con amarezza espresso nel tentativo di fare chiarezza su un triste “episodio”, gravemente diffamatorio, che nasce quale frutto di una inaccettabile, misera logica del sospetto; e che, ciò che più conta, diviene ad usum delphini disfunzionale in ordine ai doveri di accertamento incombenti sulla Prima Commissione.

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