Il monito del Papa a Qaraqosh: "No al terrorismo, bisogna perdonare e lottare"

Le parole di Francesco nella città cristiana più grande dell'Iraq, duramente provata dall'occupazione dello Stato islamico negli anni passati.

Papa Francesco a  Qaraqosh
Papa Francesco a Qaraqosh
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7 Marzo 2021 - 12.07


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“Noi confidiamo in (Dio) e, insieme a tutte le persone di buona volontà, diciamo ‘no’ al terrorismo e alla strumentalizzazione della religione”: queste sono state le parole di Papa Francesco pronunciate durante la visita a Qaraqosh, la città cristiana più grande dell’Iraq, duramente colpita e oltraggiata dall’occupazione del cosiddetto Stato islamico negli anni scorsi.

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La chiesa dell’Immacolata concezione, dove si trova oggi il papa, era stata bruciata e distrutta dagli jihadisti. Prima di prendere la parola, Francesco ha ascoltato la testimonianza di alcuni cristiani iracheni sopravvissuti ai soprusi e alla violenza degli jihadisti. A parlare per prima è stata una donna che ha ricordato l’arrivo dell’Isis in città la mattina del 6 agosto 2014.

“Una cosa che ha detto la Signora Doha mi ha commosso”, ha detto Jorge Mario Bergoglio: “Ha detto che il perdono è necessario da parte di coloro che sono sopravvissuti agli attacchi terroristici. Perdono: questa è una parola chiave. Il perdono è necessario per rimanere nell`amore, per rimanere cristiani. La strada per una piena guarigione potrebbe essere ancora lunga, ma vi chiedo, per favore, di non scoraggiarvi. Ci vuole capacità di perdonare e, nello stesso tempo, coraggio di lottare. So – ha sottolineato il papa – che questo è molto difficile. Ma crediamo che Dio può portare la pace in questa terra. Noi confidiamo in Lui e – ha proseguito – insieme a tutte le persone di buona volontà, diciamo ‘no’ al terrorismo e alla strumentalizzazione della religione”.

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Questa è stata la testimonianza di Doha Sabah Abdallah: “La mattina del 6 agosto 2014 la città di Baghdede è stata svegliata dal frastuono del bombardamento. Tutti sapevamo che l`Isis era alle porte, e che tre settimane prima aveva invaso le città e villaggi degli yazidi trattandoli con crudeltà. Perciò siamo fuggiti dalla città, lasciando le nostre case; dopo due o tre giorni siamo tornati, sostenuti dalla nostra fede forte e nella convinzione che, essendo cristiani, siamo disposti al martirio. Quella mattina eravamo indaffarati con le solite cose e i bambini stavano giocando davanti alle nostre case, quando è successo un incidente che ci ha costretti ad uscire. Ho sentito un colpo di mortaio e sono uscita da casa di corsa. Le voci dei bambini sono ammutolite mentre aumentavano le urla degli adulti. Mi hanno informato del decesso di mio figlio e di suo cugino, e della giovane vicina di casa che si stava preparando al matrimonio. Il martirio di questi tre angeli è stato un monito chiaro: se non fosse stato per quello, la gente di Baghdede sarebbe rimasta e sarebbe inevitabilmente caduta nelle mani dell’Isis. La morte dei tre ha salvato l`intera città. Non è facile per me accettare questa realtà, perché la natura umana spesso si sovrappone al richiamo dello spirito. Tuttavia, la nostra forza proviene senza dubbio dalla nostra fede nella Risurrezione, fonte di speranza. La mia fede mi dice che i miei bambini stanno nelle braccia di Gesù Cristo nostro Signore. E noi, i sopravvissuti, cerchiamo di perdonare l’aggressore, perché il nostro Maestro Gesù ha perdonato i suoi carnefici. Imitandolo nelle nostre sofferenze, testimoniamo che l’amore è più forte di tutto”. Alla termine della toccante testimonianza il papa si è alzato per andare a ringraziare la donna, stringendole le mani.

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