L'ultimo viaggio di Roberto Sanna, il malato di Sla in Svizzera per il suo suicidio assistito

Le condizioni del 34 enne si sono aggravate nell'ultimo anno, tanto da decidere per il viaggio dalla Sardegna. Il padre ha deciso di non accompagnarlo

Roberto Sanna
Roberto Sanna
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5 Marzo 2021 - 10.51


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Una malattia che lo accompagnava da ormai un anno: quello dalla Sardegna alla Svizzera è il “viaggio della salvezza”, così lo chiama Roberto Sanna, e sarà l’ultimo.

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Nella clinica alla quale il 34enne si è rivolto per il suicidio assistito, lo accompagnano la madre, la fidanzata, il fratello e uno zio, affranti.

Il padre ha deciso di non seguirlo.

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Il genitore non avrebbe mai voluto assecondare l’ultimo desiderio di un figlio determinato a porre fine ai suoi giorni trasformati in un incubo da una malattia che lo sta spegnendo, ormai irreversibile, come certificato dai documenti clinici inviati nel centro svizzero che l’ha accolto.

Giovedì mattina la partenza dall’aeroporto di Cagliari – Prima della partenza da Pula, la sua città, la comunità gli ha tributato un ultimo, straziante saluto. Il cugino e gli amici, con un tam tam via social, hanno radunato le tante persone che gli vogliono bene.

E lui, giovedì attorno alle 8, ha potuto abbracciarli con lo sguardo, dall’auto che da casa sua lo portava via, un ultimo sorriso per ringraziare dell’applauso sentito e composto i tanti che si sono fatti trovare alla rotonda di via Montesanto, davanti alla caserma del Corpo forestale regionale.

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 Il sindaco: “Rispettare le scelte senza pregiudizi” – Con loro anche il sindaco Carla Medau, amica di famiglia, che non riesce a trattenere commozione e turbamento. “Per me è un momento di grande dolore per un fatto così privato e intimo – ha raccontato -, di fronte al quale bisogna porsi con rispetto, senza pregiudizi né giudizi che non servono a nessuno. Penso solo che sia bene stare vicini alla famiglia con amore, pregare, comunque s’intenda la preghiera: è un momento molto difficile”.

La scoperta della malattia – La diagnosi per Roberto è arrivata all’improvviso, quando la sindrome laterale amiotrofica aveva già cominciato a minarne la mobilità. Lavorava alla raffineria della vicina Sarroch.

I suoi amici hanno cominciato a rendersi conto che qualcosa nel suo modo di camminare non andava. Poi è arrivato il momento in cui le forze sono venute meno e gli accertamenti hanno subito confermato le peggiori paure.

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La scelta dell’eutanasia – In un anno la malattia è progredita inesorabilmente e Roberto ha sentito che non voleva proseguire una vita che non considerava più dignitosa.

Consapevole che non avrebbe potuto scegliere il suicidio assistito in Italia, per l’assenza di una legge sul fine vita, il giovane ha preso contatti, in autonomia, con un centro svizzero e anche con un’agenzia funebre della sua città, una volta che gli è apparsa chiara l’irreversibilità della sua condizione.

La sua scelta non è stata condivisa dai genitori, ma la madre l’ha comunque seguito e sarà con lui fino all’ultimo. 

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Cappato: “In Italia c’è ancora un vuoto normativo” – Solidarietà arriva anche da Marco Cappato, esponente dei Radicali e dell’Associazione Luca Coscioni, da sempre in prima linea per portare l’eutanasia legale anche in Italia.

“Esprimo rispetto per la sua scelta e vicinanza a lui e ai famigliari – ha affermato -. Se è dovuto andare in Svizzera per ottenere ciò che chiede, la responsabilità è del Parlamento italiano, che ancora disattende la richiesta della Consulta di legiferare sulla materia”. 

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