Bologna è da zona rossa: lo dicono i contagi e i ricoveri

Merola ha ricordato che la media di casi è di 417 su 100mila persone, con 22 comuni sopra la media e 12 oltre i 500 casi.

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1 Marzo 2021 - 14.38


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Il sindaco Virginio Merola è molto preoccupato e sta dicendo alla Regione Emilia-Romagna di “decidere in fretta sulla zona rossa. Bisogna decidere in fretta – ha detto a ’L’aria che tirà su La7 – per riuscire a diminuire la pressione sugli ospedali.
Merola ha ricordato che la media di casi è di 417 su 100mila persone, con 22 comuni sopra la media e 12 oltre i 500 casi.

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“Abbiamo 850 ricoveri, se arriviamo a mille si compromette il sistema sanitario. Stiamo già riducendo gli interventi di chirurgia del 40-50%. Per salvaguardare la nostra sanità è urgente prendere un provvedimento. Prima facciamo meglio è: sono gli ultimi episodi, dobbiamo stringere tutti i denti”. Rispetto alle frasi di Bonaccini della scorsa settimana, sull’ipotesi di apertura di ristoranti alla sera, quell’affermazione “riguarda una situazione di tranquillità, ma non siamo così”, ha detto Merola.

Preoccupazione arriva anche da Paolo Bordon, direttore generale Ausl di Bologna, che rispondendo alle domande dei giornalisti nel corso di una videoconferenza ha detto: “A Bologna oggi l’Rt è di 1,34, simile a quello di ieri, ma oggi registriamo il record di nuovi casi, siamo vicini agli 800, la situazione è complessa”. Più in generale Bordon ha spiegato che “stiamo vivendo una fase vicino a quella di inizio pandemia, come la primavera di un anno fa. Siamo tornati a quel tragico inizio film”.

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Al Policlinico Sant’Orsola per quanto riguarda i posti occupati da pazienti Covid “da 100 siamo a oltre 200 adesso, questi per la degenza ordinaria, a cui si aggiunge un incremento significativo anche sui letti di terapia intensiva e semi-intensiva, siamo passati da una quarantina a oltre una sessantina di posti di letto”. Lo ha spiegato la direttrice generale del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, Chiara Gibertoni. Questa mattina il Policlinico ha pubblicato una foto dove si vedono due operatori sanitari che bevono con una cannuccia a causa delle protezioni.

“Si dice semplice come bere un bicchier d’acqua – si legge a corredo della foto – ma nei reparti di terapia intensiva non è così. Si beve da cannucce sudate in tute che sembrano forni crematori aiutate dai colleghi. Così lavorano gli infermieri delle terapie intensive, a un anno di distanza, durante questa terza ondata”.
“L’ospedale sta continuando a rispondere anche alle esigenze legate agli accessi del pronto soccorso e di pazienti che non sono affetti da Covid – ha spiegato ancora Gibertoni – quindi da una parte abbiamo ridotto già dalla settimana scorsa in maniera molto significativa, quasi del 50%, l’attività chirurgica programmata per questa settimana, tutto questo in un contesto in cui l’ospedale è ormai sotto pressione da un anno”.

Gibertoni ha poi sottolineato che dopo la prima ondata medici e infermieri nella fase estiva hanno cercato di “recuperare il più possibile le persone che erano rimaste in attesa e quindi sia sul versante chirurgico, che su quello internistico, abbiamo cercato di recuperare visite, esami diagnostici interventi chirurgici e ricoveri. Poi, da ottobre abbiamo ripreso con l’attività Covid, che via via è sempre andata aumentando nel mese di novembre – ha aggiunto – uno leggero allentamento durante gennaio e febbraio, per poi una ripresa significativa nelle ultime settimane”.

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C’è “stanchezza” tra il personale sanitario, “c’è grande preoccupazione da parte dei clinici – ha spiegato ancora la direttrice, proprio perché si sentono pressati su due versanti. Da una parte dover rispondere a cittadini che arrivano in pronto soccorso, che siano affetti da Covid o non Covid hanno comunque diritto alle cure e a un posto letto e dall’altro l’esigenza di dare una risposta a quei pazienti specialistici per i quali il Sant’Orsola è il centro di riferimento non solo per l’area metropolitana ma per l’intera regione”, ha concluso.

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