Perché non si può scegliere il vaccino anti-Covid che vogliamo

La giurista Vitalba Azzollini risponde e spiega come funziona l'articolo 32 della Costituzione

Test sui vaccini
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19 Febbraio 2021 - 18.52


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Finalmente qualcuno che lo spiega. Sono tre i vaccini contro la Covid-19 finora autorizzati in Europa e in Italia, quello di Pfizer, quello di Moderna e quello di Astrazeneca. Pfizer e Moderna, a Rna messaggero, hanno un’efficacia oltre il 90%, sono stati destinati al personale sanitario, agli over 80, andranno alle categorie “estremamente vulnerabili”, indipendentemente dall’età, previste dal nuovo Piano vaccinale nazionale; invece, a chi ha tra i 18 e fino ai 65 anni – se in buona salute, in base al limite innalzato recentemente dall’Aifa dai 55 anni iniziali – andrà il vaccino (ad adenovirus di scimmia) Oxford-Astrazeneca. Un vaccino che dagli iniziali entusiasmi è ora accolto con qualche scetticismo: gli studi clinici hanno rilevato un’efficacia al 62%, anche se è assicurata una protezione al 100% dalla malattia grave. E’ indicato per la vaccinazione di insegnanti, forze dell’ordine, detenuti, lavoratori di servizi essenziali, e sarà questo il siero per la vera e propria vaccinazione di massa. Ma in molti, nonostante le rassicurazioni, lo rifiutano nella convinzione che sia di serie B. Lo hanno rifiutato alcuni medici dell’ordine di Roma, criticano la scelta alcuni sindacati di polizia, storcono il naso anche dal mondo della scuola. I malumori si moltiplicano: “E’ meno efficace, perché devo farlo?”. Un obbligo di vaccinarsi non c’è, molti però vorrebbero vaccinarsi, e ci si chiede “Perché non posso scegliere il vaccino?”.

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A rispondere alla domanda per Askanews è la giurista Vitalba Azzollini, fellow dell’Istituto Bruno Leoni, autrice di articoli e paper in materia giuridica, e divulgatrice appassionata anche su Twitter, “penso di dover aiutare a spiegare le cose per la parte che posso fare”.

Quindi, perché non posso scegliere il vaccino che voglio? “Partiamo da un presupposto: il diritto non fa delle scelte di merito, il diritto si adegua alle scelte che devono essere fatte da chi è esperto della materia di cui si tratta. In questo caso le scelte degli scienziati. Noi sappiamo, perché lo hanno detto gli scienziati, che ci sono vaccini più efficaci per certe categorie di età e altri che possono essere somministrati a chi ha un’età inferiore. A questo dobbiamo aggiungere un altro elemento: oggi non c’è un obbligo vaccinale, e quindi solo chi vuole si fa vaccinare (discorso a parte i medici: se rifiutano di vaccinarsi si può anche arrivare, attraverso determinati passaggi, al licenziamento). Insomma, c`è libertà di farsi vaccinare o meno, ma chi sceglie di farsi vaccinare non può scegliere il vaccino. La vaccinazione è una prestazione resa dallo Stato, secondo criteri comunque fondati su determinazioni scientifiche. Ad esempio, lo Stato ha deciso sulla base di dati scientifici che gli over 65 anni in salute devono ricevere il vaccino Astrazeneca. Ci sono dei fondamenti scientifici, su cui si basano le indicazioni date dall`Aifa sull’appropriatezza del vaccino per fasce di età, che hanno portato il decisore, il ministro della Salute, a fare questa scelta. Mentre l’unica scelta che ha il cittadino under 65 in salute è se vaccinarsi o meno”.

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Non si potrebbe invocare, anche di fronte ad un giudice, l’articolo 32 della Costituzione, sostenendo che per tutelare la mia salute devo fare un altro vaccino? “Teoricamente non può essere escluso, ma dubito che un ricorso in via giudiziale potrebbe avere una qualche fondatezza, allo stato attuale delle conoscenze, cioè sulla base delle indicazioni scientifiche”.

C’è inoltre qualcosa di molto importante che spesso si dimentica, ovvero qual è il reale significato dell’articolo 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute: “Contempla la salute sia come dimensione individuale, sia come dimensione collettiva”, sottolinea la giurista Vitalba Azzollini, ricordando che “la scelta di somministrare il vaccino Astrazeneca a determinate categorie di persone e i vaccini Pfizer o Moderna ad altre è fatta con l’obiettivo di avere un numero quanto più ampio possibile di vaccinati in relazione alle caratteristiche dei due vaccini e alle categorie di rischio. Cioè per tutelare la collettività. Se una persona si dovesse impuntare per un vaccino piuttosto che per un altro, si potrebbe anche inceppare questo meccanismo con cui sono tenute insieme le due dimensioni – individuale e collettiva – del diritto alla salute. Quindi, da questo punto di vista le scelte dei decisori sono conformi all’articolo 32 della Costituzione”.

Si potrebbe scegliere il vaccino anti-Covid se fosse sancito un obbligo di vaccinarsi? “La risposta resta la stessa, non c`è facoltà di scelta, almeno al momento. E comunque siamo veramente molto lontani dal poter prevedere un obbligo vaccinale”. Ed ecco perché: “Per poter essere previsto prima di tutto deve essere un obbligo esigibile, e cioè che possa essere soddisfatto il mio diritto ad essere vaccinato. Oggi non ci sono ancora vaccini per tutti, e si rende necessario vaccinare prioritariamente le categorie più esposte (come i medici) o più a rischio (ad esempio gli over 80). Ma anche se avessimo a disposizione una grande quantità di vaccini, prima eventualmente di pensare ad un obbligo di vaccinazione dovremmo tenere conto di tutta una serie di elementi, che attengono al bilanciamento tra diritti. Inoltre, l`obbligo dovrebbe essere assistito da una sanzione pecuniaria. Potrebbero anche essere disposte altre misure, come il divieto di accesso o di svolgimento di determinate attività per chi rifiuti il vaccino. Ma tenendo sempre presente una cosa essenziale, su cui c`è spesso un grande equivoco: per chi non si vaccina non potrà mai venir meno la fruizione di diritti fondamentali, come quello di essere curato”.

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Ogni obbligo di trattamento sanitario, compreso quello vaccinale, dovrebbe comunque soddisfare tre condizioni indicate dalla Corte costituzionale: 1) l’obbligo può essere imposto solo nel caso sia comprovato che il vaccino è necessario per tutelare la salute della collettività e non solo quella del singolo individuo; 2) il singolo non può essere obbligato ad un trattamento che potrebbe portargli dei danni permanenti, e non meramente transitori (e qui il requisito sicurezza è certificato dall’approvazione da parte delle autorità preposte, Ema-Aifa); 3) nel caso in cui vi siano dei danni permanenti deve essere previsto un indennizzo da parte dello Stato per colui che li abbia subiti.

Ma “anche se questi requisiti sono rispettati, per poter sancire un obbligo vaccinale, ci devono comunque essere le premesse-base per la sua realizzabilità: un numero di dosi di vaccino sufficienti e strutture tali da poterlo somministrare a tutti”, sottolinea la giurista, che aggiunge “una considerazione” da non sottovalutare: “Imporre un obbligo può anche tradursi in un boomerang, la strada attraverso cui si alimenta la cultura del sospetto, che va assolutamente evitata. Sono preferibili persuasione e convincimento, che più rispettano la chiamata solidaristica di cui parla anche la Costituzione: ci si vaccina – e ci si vaccina seguendo le indicazioni scientifiche e le scelte delle autorità preposte – perché si è parte di una collettività”.

In conclusione, tenere presente – insieme ai dati scientifici – che non siamo soli di fronte al Covid-19 potrebbe dissipare non poche incertezze o scontentezze.

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