Iacopo Melio confida il suo terrore di ammalarsi di Covid: "Potrebbero decidere di non curarmi"

"Non ci dormo la notte" dice il consigliere regionale toscano del Pd, da sempre impegnato nella battaglia per i diritti dei disabili a proposito del nuovo protocollo diffuso dall'Iss.

Iacopo Melio con Mattarella
Iacopo Melio con Mattarella
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25 Novembre 2020 - 13.51


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Ecco lo sfogo del consigliere regionale toscano Iacopo Melio (Pd), da sempre impegnato nella battaglia per i diritti dei disabili (a partire da #vorreiprendereiltreno sulle numerose barriere sui mezzi di trasporto pubblico). Commenta così il nuovo protocollo diffuso dall’Istituto superiore di Sanità. Si tratta delle disposizioni salvavita dell’Istituto superiore di sanità riguardo l’utilizzo delle terapie intensive. 

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Il nome del protocollo è “Decisioni per le cure intensive in caso di sproporzione tra necessità assistenziali e risorse disponibili in corso di pandemia da Covid-19”. Un protocollo che i medici dovranno seguire con precise indicazioni per decidere chi salvare e a quali pazienti Covid andrà data la precedenza.

“Potrebbero non curarmi. Oppure, per colpa mia, potrebbe morire il nonno ultra 80enne di un mio amico o una mia amica, non lo so e non riesco a immaginarlo –  dice Melio nel post – Ciò che è certo, però, è che il protocollo diffuso dall’Iss, scheda anche ‘quelli come me’, con gravi patologie. Le incasella. Le mette in classifica. Non più persone, ma cartelle cliniche da riordinare, tra quelli messi peggio e quelli un po’ meno peggio, che sono forse meglio di quelli ‘così-così'”. “Lo useranno i medici anestesisti – prosegue il consigliere regionale dem – per i casi in cui vi sia nelle terapie intensive una carenza di mezzi, risorse, posti letto e personale per poter salvare tutti i malati, dando così la precedenza in base a linee guida ora chiare e precise. Il principio, però, è lo stesso che si usa già da tempo, nemmeno troppo silenziosamente: la priorità a chi ha maggiori speranze di sopravvivere? Non più secondo l’ordine di arrivo o un sorteggio casuale, bensì attraverso parametri clinico-prognostici definiti”.

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“Vuol dire che se io sono attaccato ad un macchinario, e arriva qualcuno comunque più sano di me, normodotato e senza altre malattie, potrebbero staccarmi per cedergli il posto”.

“A coloro che invece non è possibile prevedere un percorso chiaro di cura intensiva, si deve attuare ‘trattamenti di minore intensità’. Doloroso. Devastante. Quasi disumano”.

“La politica, sia chiaro, ha le sue pesanti responsabilità. Così come una sanità che si è talvolta cibata di eccessi, mala gestione, errori su errori anche morali. Anche noi dobbiamo continuare a fare la nostra parte, rispettando regole che possono evitare il peggio oggi, non domani. Perché potrebbe riguardare noi, o un nostro caro, e non sarebbe più grave di quando tocca a uno sconosciuto. Potrebbero non curarmi. O potrebbero non curare un cittadino qualunque. Uno a caso. A me, questo pensiero, non fa dormire la notte da tante notti. Per favore – conclude Melio – facciamo a modino. Tutti quanti”.

Quelle stabilite dall’Iss per i medici sono – in sintesi – le linee guida da seguire per l’ammissione alle terapie intensive in caso di sovraffollamento delle stesse. Uno scenario, non la realtà attuale, è bene specificarlo. I posti in terapia intensiva in questo momento ci sono.  Il documento è rivolto principalmente agli anestesisti e fornisce loro dei criteri oggettivi per garantire un accesso equo e giusto alle terapie intensive.

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Il protocollo prevede un triage strutturato per assicurarsi che l’ammissione sia basata su “parametri clinico-prognostici definiti e il più possibile oggettivi e condivisi” e non su criteri come quello cronologico (ordine di arrivo) o casuale, che non assicurerebbero le cure “al maggior numero possibile di pazienti che ne possano avere benefici”. In sostanza si cerca di definire un modo per ammettere alle cure intensive tutti coloro che più possono beneficiarne. A coloro che restassero fuori dalle terapie intensive verranno comunque riconosciuti i diritti del malato, ovvero verranno comunque presi in cura, ma con gli “strumenti possibili”.

Al centro c’è il rispetto del paziente, sempre. Nel primo statement del documento si legge infatti: “L’aumento della domanda di assistenza sanitaria, indotto da situazioni quali quelle determinate dalla pandemia, non fa venir meno la necessaria aderenza, nella tutela della salute, ai principi costituzionali e fondativi del Servizio Sanitario Nazionale, nonché ai principi deontologici e in particolare a quelli di universalità, uguaglianza (non discriminazione), solidarietà e autodeterminazione”.

I “nuovi” criteri del triage non riguardano solamente imalati di Covid-19, ma tutti coloro che si ritrovano ad aver bisogno di cure intensive, a prescindere dalla patologia. Si vorrà valutare chi ha più possibilità di beneficiare di un ricovero in terapia intensiva. I parametri enunciati nel documento sono:

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  • numero e tipo di comorbilità (coesistenza di più patologie); 
  • stato funzionale pregresso e fragilità; 
  • gravità del quadro clinico attuale; 
  • presumibile impatto dei trattamenti intensivi, anche in considerazione dell’età del/la paziente;
  • la volontà del/la paziente riguardo alle cure intensive dovrebbe essere indagata prima possibile nella fase iniziale del triage.

Per quel che riguarda nello specifico l’età dei pazienti, va valutata in un contesto globale e non può assolutamente costituire un elemento di cut-off predefiniti. Non esiste né esisterà mai un’età oltre la quale il paziente viene “scartato” a prescindere. La valutazione sarà sempre collegiale, fatta da un team medico-assistenziale e se serve anche da professionisti esterni. E tutto dovrà sempre essere messo nero su bianco nella cartella clinica.

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