Claudio Cricelli: “I virologi non sanno nulla dei pazienti, si occupano solo dei virus”
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Claudio Cricelli: “I virologi non sanno nulla dei pazienti, si occupano solo dei virus”

Parla il Presidente della Società Italiana di Medicina Generale: "Ai cittadini non importa niente di come è fatto un virus o di come si produce un vaccino. Vogliono sapere se gli farà bene o male"

Claudio Cricelli
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20 Novembre 2020 - 17.44


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di Antonello Sette

Professor Cricelli, che cosa le suggerisce l’attuale fase della pandemia?

Il virus non ha piedi propri – spiega il Presidente della Società italiana di Medicina Generale Claudio Cricelli rispondendo all’Agenzia SprayNews – cammina con i piedi, il naso e la bocca delle persone. E tutte le volte che i piedi, il naso e la bocca delle persone si allontanano fra loro, inevitabilmente diminuisce il numero dei contagiati. E il famoso indice Rt si abbassa. Sinora è l’unico strumento che abbiamo trovato per appiattire la curva. Da qui non si scappa. Se qualcuno crede che il virus possa sparire facendo circolare le persone senza mascherina, e facendo tornare venti milioni di persone a scuola e al lavoro, sbaglia di grosso. Il Covid 19 ritornerà a far capolino fra di noi, fino a quando non avremo vaccinato almeno il 90 per cento della popolazione. Da qui non si scappa. Nel frattempo, possiamo solo costringerlo a farsi da parte, osservando rispettosamente le regole. Il virus ha delle logiche banali ed che è strano che le persone comuni non le abbiano comprese.

Ma nel breve periodo che cosa dobbiamo aspettarci?

Succederà che la curva si abbasserà, ma ci vorranno almeno tre settimane perché la curva cominci a calare rapidamente e, a quel punto, le decisioni sul Natale saranno fondamentali, perché probabilmente arriveremo intorno al 15 dicembre con una curva in discesa, ma che potrebbe improvvisamente tornare a impennarsi, ancora una volta.

Quale è l’errore più grande che è stato fatto sinora?

Quello di non capire che il momento migliore per aggredire il virus è quando è in difficoltà, quando la curva si è assestata in basso. Invece, questa estate abbiamo fatto il contrario. Anziché sfruttare la bassa marea per procedere a un tracciamento del contagio, zona per zona, e puntare, come hanno fatto i cinesi, al contagio zero, c’è stato il liberi tutti. Io ero a Marina di Pietrasanta, dove hanno fatto chiudere la discoteca, perché c’erano più di mille persone. Non capendo che il virus non era scomparso, ma era semplicemente in agguato, e aspettava solo che i piedi, il naso e la bocca delle persone tornassero a circolare. A maggio e giugno si poteva, non dico annientare il virus, ma almeno tramortirlo. E gestire i pochi casi sopravvissuti, uno per uno. Invece, tutti al mare, tutti ad aprire le seconde case, tutti a cena fuori, tutti a ballare. Ora che vuoi più tracciare e isolare, quando i contagiati sono trentaseimila e i tamponi centocinquantamila al giorno? Abbiamo riperso la battaglia, a partire dal 14 maggio, quando l’onda si è rimessa in moto. Ad agosto, “la bambola” era già partita.

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Le misure attuali sono giuste?

Sono giuste se si prolungano per un periodo adeguato e, soprattutto, se non si rincorrono le emergenze: zone rosse di qua, zone gialle d là. E, poi si sta già parlando di riaprire per Natale. Capisco l’esigenza. Durante le feste natalizie si acquista e si vende più del trenta per cento del totale di tutto l’anno. Io mi domando perché non trovare un rimedio, ad esempio, perché non effettuare gli acquisti solo per appuntamento? Se vuoi andare a fare compere in quel determinato negozio, ti devi prenotare. Non vedo altri modi per evitare quegli straordinari affollamenti, che inevitabilmente provocheranno il rialzo di tutti gli indici e di tutte le curve.

Poi finalmente arriverà la soluzione tanto agognata, che ci libererà dall’incubo. Abbiamo le persone e le strutture che sono necessarie per una vaccinazione di massa?

Bisognerà scaglionare. Le prime due milioni di dosi, che arriveranno entro dicembre, copriranno il fabbisogno del personale sanitario e delle forze dell’ordine e ci sarà una sorta di autosomministrazione. Il problema sorgerà dopo. Le dosi arriveranno per tutto il 2021 ed anche per una parte del 2022. Si dovrà, innanzi tutto, scegliere chi vaccinare per primo, per secondo e via via andando avanti. Stabilendo nel contempo chi, e dove, deve vaccinare. Il problema esploderà quando arriveranno milioni di dosi, da somministrare nel più breve tempo possibile. E non sarà semplice come per il vaccino antinfluenzale, di cui già sappiamo tutto. Per il Covid bisognerà verificarne l’efficacia, caso per caso, osservando e curando tutti gli eventuali effetti collaterali: febbre, prurito, mal di testa, dolori ossei che colpiranno dall’otto al dieci per cento dei vaccinati, percentuale che salirà, noi stimiamo, al quindici, dopo la dose di richiamo. Niente di grave e preoccupante, ma dovremo fronteggiare, soprattutto nei primi periodi, la paura delle persone. E poi, fosse anche solo il cinque per cento di complicazioni su quindici milioni, lei capisce quanti pazienti in più comporterà il vaccino.

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Siamo pronti? Abbiamo già programmato tutto? Personalmente qualche dubbio e preoccupazione ce l’avrei.

Ci troveremo di fronte a un evento epocale. Per la prima volta, in tutta la plurimillenaria storia del genere umano, un vaccino sarà somministrato a miliardi di persone, contemporaneamente, in tutto il mondo.

Sembra che solo il trentacinque per cento degli italiani abbiano già deciso di vaccinarsi e che i due terzi della popolazione resteranno a guardare. Di chi è la colpa?

La resistenza al vaccino in parte dipende dalla istintiva diffidenza delle persone. In gran parte, però, dipende dal fatto che tutti, a partire dai politici, parlano di cose che non conoscono rivolgendosi a persone che non conoscono. Noi, invece, che li conosciamo, uno per uno, sappiamo come prenderli e anche come convincerli.

Quando dice noi, si riferisce ai medici di famiglia?

Penso anche a voi giornalisti, che per mestiere vi rivolgete alla gente che è a casa. Possiamo e dobbiamo darci reciprocamente una mano.

I virologi che litigano fra di loro fanno una buona comunicazione?

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Assolutamente no. E poi, i virologi quando mai hanno visto un paziente. Loro vedono i virus. E anche gli infettivologi curano i malati, spesso gravi e gravissimi. Ai cittadini non importa niente di come è fatto un virus o di come si produce un vaccino. Vogliono sapere se gli farà bene o male, che cosa succede dopo la somministrazione, se gli forniranno il patentino e se con quello potrà girare liberamente. Qui non stiamo parlando di malati di Covid, ma di sessanta milioni di cittadini in attesa di conoscere il loro destino.

Lei che cosa farebbe di diverso?

Farei come stanno facendo in Inghilterra, dove hanno già programmato tutte le successive fasi della vaccinazione. Il numero di dosi, le categorie divise in scaglioni, quali e quanti medici, quanti infermieri in più saranno necessari e quanti frigoriferi bisognerà acquistare e il prezzo di ciascuna dose.
Immagini invece i poveri medici italiani che la mattina si svegliano e sentono dire in televisione che il giorno seguente si formerà un’interminabile fila, davanti al loro studio, in attesa della somministrazione del vaccino.

Quindi non ci saranno regole e tutto verrà improvvisato sul campo di battaglia?

Le regole arriveranno, ma in fretta e furia, con un Dpcm, emanato il giorno prima. Siamo in Italia, non in Inghilterra.

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