Captagon, la droga di Assad
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Captagon, la droga di Assad

In quale parte della Siria gli uomini dell’Isis produrrebbero queste enormi quantità di stupefacenti? E da quale porto siriano le farebbero partire?

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Riccardo Cristiano Modifica articolo

7 Luglio 2020 - 17.33


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La notizia della droga dell’Isis ha fatto il giro del mondo, e dei giornali. Anche firme di grido ci hanno scritto su, parlando dei terroristi e della loro fede, ovviamente. In effetti sembra proprio tanta la droga che producono e smerciano della Siria i terroristi dell’Isis, il Captagon, la droga usata in diverse azioni devastanti dagli assassini. Poi però uno si ferma a riflettere e si chiede: ma in quale parte della Siria gli uomini dell’Isis produrrebbero queste enormi quantità di stupefacenti? E da quale porto siriano le farebbero partire?
I documenti della confisca in Italia delle 14 tonnellate di droga ho letto che dicono che il carico, destinato a Lugano, è partito dalla Siria, con ogni probabilità quindi dal porto di Latakia, strettamente controllato dal regime di Assad, non dai rimasugli dell’Isis che si trovano al capo opposto della Siria. Se così fosse come avrebbero fatto i muli dell’Isis, carichi di droga, ad attraversare la Siria, penetrare le linee più agguerrite del regime e dei suoi alleati e portare inosservati il loro prezioso carico fino a Latakia? È interessante pensarci, come è interessante domandarsi se, come sembra, venisse sempre da Latakia il carico di 5 tonnellate di droga, sempre Captagon, confiscato un anno fa in Grecia. Anche quello si è scritto che è partito da “porto siriano”. E quel finto latte in polvere sequestrato ad Alessandria d’Egitto? Anche qui parliamo di un sequestro enorme, ma invece di 4,5 tonnellate di latte in polvere si portava anche in quel caso Captagon: porto di partenza, in questo caso è assodato, Latakia. Uno dunque si chiede; ma Latakia è caduta in mano all’Isis e noi non lo sappiamo? Non è più la roccaforte di Assad e dei suoi alleati?

Partendo da qui il sito “La luce” ha scavato un bel po’: ed è molto interessante leggere cosa ha scoperto, che non sembra accreditare una conquista dell’Isis di Latakia. La loro ricostruzione parte proprio da questo sequestro: “Ad aprile i doganieri egiziani hanno trovato quattro tonnellate di haschisch, anch’esse provenienti da Latakia, sistemate in confezioni di Tetrapack per il latte di una società appartenente al cugino del dittatore siriano Bashar Assad, Rami Makhluf.  

Nello stesso mese infine i funzionari sauditi trovarono in due distinte spedizioni 44,7 milioni di pillole di Captagon, di cui quasi la metà confezionate come Tè-Mate. Il tè fatto con le foglie di un arbusto sudamericano e popolare fra gli alawiti siriani, la minoranza religiosa, alla quale appartiene il clan Assad. Anche in questo caso, il produttore nominale Yabour, strettamente collegato con il fratello del presidente e comandante militare Maher al-Assad, si è lamentato dell’uso improprio della confezione. 

Sempre lo stesso Captagon, sempre nascosto ingegnosamente in grosse quantità e sempre proveniente da Latakia. Anche questa volta, secondo un’inchiesta di Spiegel, l’ampia rete parentale del Clan Assad stava dietro alla produzione e alla spedizione della droga: nel villaggio di al-Basa, a sud di Latakia, Samer Kamal Assad, uno zio del dittatore, gestisce una delle numerose fabbriche di Captagon di proprietà della famiglia fatta passare come produttrice di materiale di imballaggio. Del trasporto si è occupato l’uomo d’affari Abdellatif Hamide, che poche settimane fa ha aperto ad Aleppo una fabbrica di rulli di carta, un indirizzo “pulito”, non ancora incluso nelle liste della UE o degli Stati Uniti.  Proprio lì sono fabbricati i rulli per nascondere le pillole di Captagon. 

Per il trasporto sono stati noleggiati tre container della compagnia di navigazione italiana Tarros, che serve con regolarità diversi porti del Mediterraneo.”

Così accadono cose interessanti: infatti il ministro degli interni libico ha accusato proprio Assad e Haftar di traffico di stupefacenti. A lui non è sfuggito che il finto latte in polvere sequestrato ad Alessandria d’Egitto oltre a partire da Latakia fosse destinato alla città fortino di Haftar, Bengasi.   

Gira che ti rigira poi, uno ci pensa e si ricorda che proprio pochi giorni prima del sequestro nostrano, a metà giugno, due agenti sono stati arrestati per aver favorito traffici proprio in questo ambito sotto la guida e la supervisione di un siriano, che operava da anni nella capitale, nel settore della ristorazione.  Forse i titoli, e i cucù,  vanno fatti indicando l’ora esatta. 

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