Alessandro Di Battista, un reazionario travestito da ribelle
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Alessandro Di Battista, un reazionario travestito da ribelle

L'ultimo post di Di Battista in cui mette alla berlina il Gay Pride e la regolarizzazione della cannabis è il punto di arrivo di un percorso che ha puntato inesorabilmente a destra

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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

25 Giugno 2020 - 14.11


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“Volete la regolamentazione della produzione e della vendita della cannabis? Allora evitate di farvi i selfie con una canna in mano. Si tratta di gesti infantili ed altamente controproducenti. Ricordano coloro che pretendono di ottenere un miglioramento dei diritti civili per gli omosessuali esibendosi in volgari forme di trasgressione durante i Gay Pride”.

Questa è l’introduzione che Alessandro Di Battista ha scelto per un suo lunghissimo post su Facebook in cui enuncia la sua opinione sulla cannabis legale. Opinione che è inevitabilmente del tutto oscurata da questo paragone parecchio infelice, che però è perfettamente in linea con ciò che è Alessandro Di Battista, che su Facebook sfoggia una foto con un bambino nero in braccio, al tramonto, con i capelli selvaggi raccolti in una trendy coda di cavallo.

Piacione e ammiccante, rivoluzionario ma intollerante, reazionario e anticonformista: Di Battista è da sempre una contraddizione vivente, dando l’idea (ripresa da comici che l’hanno imitato in questi anni) di un’adolescenza mai risolta, di un afflato rivoluzionario da cameretta che lascia il tempo che trova quando poi si esibisce in certe uscite. Perché se la canna in mano è infantile, lo è ancora di più atteggiarsi a poeta giramondo, con un tesserino stampa de Il Fatto Quotidiano che gli ha permesso una vacanza permanente da cui pontificava sulla situazione politica italiana, da cui è stato escluso da quel Beppe Grillo che ormai lo ha totalmente ripudiato, perché troppo a destra per gli standard del Movimento della prima ora. Una frase è esemplificativa per capire Alessandro Di Battista: nel 2017, mentre Luigi Di Maio a Rimini veniva incoronato candidato premier del M5s, la benedizione del numero due arriva in differita perché proprio in quelle ore sta per diventare padre. E nel video, tutto sorrisi e voce melensa, Di Battista spiega che educherà suo figlio ad essere ‘sufficientemente ribelle’.

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Un ossimoro non da poco, primo perché non si insegna la ribellione, e soprattutto non la insegnano i padri, di solito oggetto della ribellione dei figli. Secondo, perché o si è ribelli, o non lo si è. La sufficienza implica un limite, oltre il quale non si va perché, di solito, comporta troppa fatica. Il che può essere giusto quando parliamo, per esempio, della differenza tra protestare e distruggere, che è un dibattito molto acceso in questi giorni. Ma per Di Battista evidentemente il limite sono le canne e le ‘volgari forme di trasgressione’ dei gay.

Sarebbe tempo sprecato spiegare che uno degli usi che si vuole fare della cannabis, se mai venisse legalizzata, è anche quello ricreativo e che una canna in mano non è infantile, dato che è una droga legale in molti paesi europei e non. Come anche cercare di spiegare che queste ‘trasgressioni’ sono tali perché il Pride è anche il ribadire con forza la meravigliosità della diversità e che ciò che è trasgressione per Di Battista può essere quotidianità per alcune persone, che siano o meno Lgbt.

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Ciò che urta maggiormente di questo post è l’aria di superiorità morale che ostenta questo ammiccante giramondo, che da anni manifesta una spiccata aggressività nei confronti di chi non la pensa come lui. Un peccato comune in questi tempi fortemente ideologizzati ma che fa tenerezza in qualcuno che, con la foto strappacuore con bambino nero in braccio, ha definito Donald Trump ‘il più grande presidente degli Stati Uniti’. Il tutto mentre quegli stessi bambini tenuti simbolicamente in braccio dall’anima pia Di Battista venivano chiusi nelle gabbie al confine con il Messico.

Questa è la ‘sufficiente ribellione’ di Di Battista, l’anima ‘di sinistra’ del M5s, che in un solo post, del tutto senza contesto e a scopo esclusivamente provocatorio, ha offeso la comunità Lgbt che ormai fa da bersaglio mobile per chiunque voglia far parlare di sé, e anche la giusta battaglia per la legalizzazione della cannabis. Di Battista è fermamente convinto che le cose si debbano fare come dice lui, e che i modi di protestare siano ‘giusti’ solo quando li fa lui. A dire il vero però, a cercare di ricordarsi quando Di Battista sia stato veramente rivoluzionario, o anticonformista, o anche solo ‘sufficientemente ribelle’, si guadagna soltanto un grosso mal di testa.

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