Non c'è un 2 giugno fascioleghista

La Repubblica ha sostituito la Monarchia che aveva insediato Mussolini al potere e sostenuto la dittatura. Fu la sconfitta dei referenti della Meloni e di Salvini: il loro 2 giugno alternativo che non c'è.

Giorgia Meloni e Matteo Salvini
Giorgia Meloni e Matteo Salvini
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Claudio Visani Modifica articolo

1 Giugno 2020 - 19.50


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Domani si celebra la nascita della Repubblica e la fine della monarchia. Una monarchia che con Vittorio Emanuele III aveva insediato Mussolini al potere, sostenuto la dittatura e controfirmato le scelte più schifose del fascismo: dallo scioglimento di partiti e sindacati, alla soppressione delle libertà individuali e collettive, dall’alleanza con Hitler alle leggi razziali.
Finì come tutti sappiamo. Con gli orrori della guerra, l’8 settembre, l’indecorosa fuga del re e di Badoglio a Brindisi lasciando il nostro esercito alla sbando, la Resistenza, la Liberazione, la Costituente repubblicana che varò la più bella Costituzione del mondo. E con la sconfitta dei referenti della Meloni e di Salvini, che domani scenderanno nelle piazze per celebrare il 2 giugno alternativo che non c’è.
Perchè il 2 giugno, come ha detto Mattarella, rappresenta “il nuovo inizio, il superamento delle divisioni che avevano lacerato il Paese per fare della Repubblica la casa di tutti, sulla base dei valori di libertà, pace e democrazia”. Solo che allora tutte le forze politiche concorsero a quel nuovo inizio, mentre oggi il nuovo inizio dopo la guerra del Covid vede quelle forze di opposizione al fianco dei gilet arancioni, di Casa Pound, di tutti quelli che remano contro Conte, il governo, l’Europa.
Il 2 giugno è la festa della ritrovata unità. Non potrà mai essere quella delle divisioni. Per questo l’alternativa di Meloni e Salvini non esiste. Al di là di quanto le spareranno grosse domani.
Senza la Resistenza e il 25 aprile non ci sarebbe stato il 2 giugno. Il referendum vide il 54,3% degli italiani scegliere la Repubblica e decretò la fine della monarchia e l’esilio dei Savoia. Il margine fu di soli due milioni di voti, 12.717.923 contro 10.719.284. Per la prima volta in una consultazione nazionale votarono le donne, 13 milioni, uno in più degli uomini. C’era chi temeva che le donne avrebbero fatto vincere la monarchia. Non andò così. Fu, invece, per dirla con le parole di Nilde Iotti,”la conquista della libertà e della parità politica”.

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