Santori (Sardine): "Un manifesto in 11 punti per tornare nel nostro habitat naturale"

Uno dei fondatori del movimento: "Abbiamo rischiato di appiattirci sulle vecchie dinamiche partitiche e di diventare strumento di giochi che non vogliamo giocare".

Mattia Santori
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28 Maggio 2020 - 19.43


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Movimento finito? Riflessione? Torneranno meglio di prima?  “Sono successe molte cose in questi lunghi mesi. Una su tutte: una pandemia con molti, troppi, morti! Sono successe molte cose anche in questi ultimi giorni. Molti i momenti chiarificatori. Molte cose si scoprono quando si ha il coraggio di fermarsi a pensare. Nei prossimi giorni vi faremo scoprire gli undici punti del manifesto che sarà la nostra nuova casa. Lo faremo in maniera lenta, per permettere a ognuno di metabolizzarne il significato. Le sardine ci sono e non vedono l’ora di riprendersi il proprio habitat naturale, fatto di persone in carne e ossa, relazioni, creatività e cura. Fuori, nonostante tutto, è primavera”.

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Lo ha detto Mattia Santori, uno dei fondatori delle ‘Sardine’.

“Arrivano momenti -ha sottolineato- in cui bisogna riconoscere i propri errori, i propri limiti, le proprie incompatibilità. La diversità può essere un punto di forza, ma bisogna saperla valorizzare. L’ambizione può essere uno stimolo, ma solo se non si traduce in arrivismo. L’impegno politico è un atto nobile, ma non può trasformarsi in frustrazione, in sospetto, in disillusione. Abbiamo per le mani una creatura fragile ma di rara bellezza. Che ogni giorno ci porta a soffrire, litigare, quasi arrenderci. Ma che ogni giorno ci ricorda quanto si stava peggio prima”.

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“Molti di noi – ha ricordato – erano soli prima delle sardine, o al massimo divisi in gruppetti sparuti. E per quanto non sia facile trovare spazio in una moltitudine, non riusciamo a tacere la gioia di farne parte. Ci giudicherete, ci accuserete di fragilità, ma siamo una grande casa politica che ospita giovani, anziani, comunisti, liberali, omosessuali, cattolici, da nord a sud, in Italia e nel mondo. Non ce la sentiamo di perdere questa possibilità di partecipazione”.

“Non ce la sentiamo perché riteniamo che ci sia ancora bisogno di riempire quei vuoti lasciati dalla politica. Di riscoprire prossimità e vicinanza in un deserto di egocentrismo, edonismo, individualismo e vanità. Abbiamo rischiato di appiattirci sulle vecchie dinamiche partitiche e di diventare strumento di giochi che non vogliamo giocare. Abbiamo fatto ricorso ad un liberatorio e necessario momento di chiarimento interno che per ragioni tutte da immaginare è divenuto pubblico”, ha concluso Santori.

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