Ci stiamo abituando agli sceriffi, e finiremo col pentircene

Mentre a Messina si celebrano impuniti i funerali del fratello di un boss mafioso, gli elicotteri inseguono i runner: non è una situazione accettabile

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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

20 Aprile 2020 - 15.41


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Leggendo oggi il racconto di Michela Murgia e della multa rischiata per aver fatto una foto mentre era in fila a fare la spesa ho provato un moto di rabbia, reiterato poi dalla qualità dei commenti che ho avuto la sfortuna di leggere, anche qui su Globalist, che hanno confermato i miei peggiori timori: ci stiamo abituando.

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Non è sbagliato parlare di stato di polizia: siamo in emergenza, è vero, e se tutti provassimo a fare i furbi allora saremmo punto e a capo. Ma se dobbiamo affidarci alla capacità di giudizio dei singoli agenti, se diamo alle forze dell’ordine la possibilità di scegliere tra poliziotto buono e poliziotto cattivo, allora stiamo andando incontro a un problema enorme, una mole gigantesca di abusi, soprusi e anche violenze che in futuro la polizia avrà buon gioco di giustificare nel nome dell’emergenza.

Non possiamo fare di tutta l’erba un fascio: ma dall’altro lato non è sbagliato chiedersi chi stia controllando la polizia. Per dirla con un’abusatissima locuzione di Giovenale, qui custodiet ipsos custodes? Chi controlla i controllori? Perché non è un mistero che i casi segnalati stanno aumentando negli ultimi giorni, ma dal Viminale non sembra arrivare la seppur minima intenzione di fare quanto meno una lavata di capo. Non una parola dal Capo della Polizia, non un fiato da Luciana Lamorgese. Rimangono i racconti dei cittadini sui social, di solito accolti – come quello di Michela Murgia – da poca solidarietà e da tanto, troppo biasimo: ‘perché sei uscita? Era necessario? Rispetto per la polizia che fa il suo lavoro! Se ragionassimo tutti così allora saremmo tutti per strada’.

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Tutte obiezioni lecite, ma contestualizzare la situazione è un dovere di chi sceglie di giudicare: su 795.000 persone controllare il giorno di Pasqua, solo il 5% ha ricevuto la multa. Gli italiani, sebbene tutta la letteratura sul nostro conto dica il contrario, stanno rispettando le regole. E allora l’accanimento di un poliziotto su chi in fila per fare la spesa decide di farsi una foto, su chi prende il sole su una spiaggia deserta, su chi siede su una panchina fumando una sigaretta, sono tentativi di soffocare un umano desiderio di evasione che avviene, peraltro, nel rispetto delle regole. E mentre a Messina si celebrano i funerali del fratello di un boss mafioso, un elicottero della polizia insegue un runner sulla spiaggia di Jesolo: con quale coraggio possiamo chiamarla ‘normalità’?.

Quando, poco più di un mese fa, si invocava l’esercito per chi ancora non sapeva rinunciare all’aperitivo, lo trovavamo giusto. Come sempre, ci ritroviamo a pagare per ciò che desideravamo: se da un lato è stato necessario ed efficace stringere le misure per forzare gli italiani a casa loro, dall’altro abbiamo dovuto assistere a conseguenze indesiderate come le multe ai senzatetto. E ora questo: se a un poliziotto gira male, o gli sta antipatica Michela Murgia, può sentirsi autorizzato a minacciarla di fare un verbale perché ha comprato 4 banane (cosa, peraltro, non vera: basta leggere la storia fino in fondo). E si sente autorizzato non solo dalla situazione, ma da questo cicaleccio di approvazione che riempie social e balconi.

Ma per rispondere alla domanda di Giovenale, chi controlla i controllori siamo noi stessi: ed è una responsabilità cui stiamo rinunciando con troppa noncuranza e, nel paese del G8 di Genova, di Stefano Cucchi, nell’Italia dove chi ha ucciso Federico Aldrovandi indossa ancora la divisa, questi sono errori che non possiamo permetterci di compiere.

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