Mentre si bombarda Idlib sul Mar Egeo è stato costruito un muro galleggiante
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Mentre si bombarda Idlib sul Mar Egeo è stato costruito un muro galleggiante

Nella provincia siriana la gente è sotto i bombardamenti e tantissimi gli sfollati. Il Papa invita alla pace, a far rientrare esuli e profughi. Altri pensano solo a respingere

Bombardamenti sulla provincia siriana di Idlib
Bombardamenti sulla provincia siriana di Idlib
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

2 Febbraio 2020 - 09.23


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Chi parla più della Siria? Chi spiega perché nel Mar Egeo stiano costruendo un moderno moderno muro galleggiante?  Lo possiamo già chiamare il muro Egeo. eppure di questo ennesimo orrore pochi danno conto, come non danno conto dei bombardamenti contro milioni di civili lasciati come animali al pascolo nella disperata terra del nord della Siria, la provincia di Idlib. Bombardamenti russi e siriani, forse presto anche turchi, che colpiscono scuole, ospedali, ambulanze.

Nel silenzio 3 milioni di persone sopravvivono così, aspettando la fine, per sfinimento. Solo nel mese di dicembre ci sono stati ben 284.000 sfollati. Alcuni di loro sono stati sfollati per la decima volta. Trovano rifugio in scuole, moschee, o in approssimativi campi profughi di fortuna. Il totale di coloro che sono diventati sfollati tra aprile e dicembre dello scorso anno assomma a 700.000. Chi ne parla? Saranno loro i buoi da respingere, prima o poi, con il “muro Egeo”?

Finalmente ieri è arrivata una novità. Come in passato anche oggi chi parla degli sventurati di Idlib è il Vaticano, il segretario di stato vaticano, cardinale Pietro Parolin. Presentando a Roma due libri sul documento di fratellanza umana firmato un anno da Papa Francesco e dall’Imam dell’Università islamica di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, Parolin dopo aver spiegato il lungo cammino che ha portato, da posizioni un tempo distantissime, alla  firma di questo epocale documento che archivia la discriminazione delle minoranze religiose per costruire, finalmente, la comune e pari cittadinanza in tutto il bacino del Mediterraneo, si è soffermato a lungo anche sulle ferite dell’oggi.

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Partendo proprio dalla dimenticata Siria: “In Siria permane altissima la preoccupazione per la tragedia umanitaria di Idlib che ha spinto il Santo Padre a scrivere al presidente Bashar Hafez Al-Assad una lettera che porta la data del 28 giugno scorso. Papa Francesco aveva già scritto al Presidente nel dicembre del 2016 rivolgendo l’appello affinché fossero messi in salvo i civili intrappolati nella battaglia di Aleppo.

Francesco ha nuovamente chiesto di fare tutto il possibile per fermare la catastrofe umanitaria, per la salvaguardia della popolazione inerme, in particolare dei più deboli, nel rispetto del Diritto umanitario internazionale. Nell’area di Idlib vivono più di 3 milioni di persone, di cui 1.3 milioni di sfollati interni, costretti dal lungo conflitto a trovare rifugio proprio in quella zona rimasta fuori dal controllo del Governo. Nella sua lettera, il Santo Padre ha usato per ben tre volte la parola «riconciliazione»: questo è il suo obiettivo, per il bene di quel Paese e della sua popolazione inerme.

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Papa Francesco ha incoraggiato il Presidente siriano a compiere gesti significativi: ha citato, ad esempio, le condizioni per un rientro in sicurezza degli esuli e degli sfollati interni e per tutti coloro che vogliono far ritorno nel Paese dopo essere stati costretti ad abbandonarlo. Ha citato pure il rilascio dei detenuti e l’accesso per le famiglie alle informazioni sui loro cari.”

Dopo essersi soffermato così sulla disumana piaga siriana, il segretario di stato vaticano ha parlato anche della Libia: “ Un breve cenno vorrei fare alla Libia, visto il conflitto che la continua a lacerare e che è sempre più luogo di ricaduta delle divisioni e delle competizioni interne al mondo arabo e non solo, come ha mostrato il recente intervento militare della Turchia nel Paese.

Quasi come la Siria anche la Libia è diventata epicentro di azioni e interazioni militari con presenze armate irregolari, anche terroriste. «Tale contesto – come ha recentemente ricordato il Santo Padre – è fertile terreno per la piaga dello sfruttamento e del traffico di esseri umani, alimentato da persone senza scrupoli che sfruttano la povertà e la sofferenza di quanti fuggono da situazioni di conflitto o di povertà estrema. Tra questi, molti finiscono preda di vere e proprie mafie che li detengono in condizioni disumane e degradanti e ne fanno oggetto di torture, violenze sessuali, estorsioni».”

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Questo quadro inquietante e allarmante non per dopodomani ma per oggi, lo fa il Vaticano. E il cardinale Parolin ha dovuto aggiungere: “Tutto quello di cui abbiamo parlato sin qui non poteva non avere conseguenze sulla sponda settentrionale del Mediterraneo, trovando, tuttavia, un’Europa impreparata a fronteggiare l’arrivo di milioni di profughi, poco consapevole e poco attiva, che ha lasciato deteriorare le crisi mediterranee. Ciò ha determinato, insieme alla deriva terrorista, tensioni gravide di conseguenze in Europa, come si è potuto constatare nel corso degli ultimi anni, e non solo nei Paesi che si affacciano direttamente sul Mediterraneo. In tale contesto, lo scetticismo di alcuni Paesi dell’Unione Europea in merito al processo di allargamento nei Balcani Occidentali rischia di aprire la strada ad ulteriori divisioni.”

Molto spesso in passato, davanti a enormi problemi culturali, si è invocato il risveglio delle società arabo-mediorientali: oggi sarebbe importante il risveglio di quello europee.

 

 

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