Il passepartout di Messina Denaro che saliva in cattedra all'università
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Il passepartout di Messina Denaro che saliva in cattedra all'università

"Con lei entro e vado al 41 bis. Faccio un sacco di cose, hai capito? Ho trovato questo escamotage…". Era gennaio e Antonello Nicosia parlava così della sua collaborazione con la parlamentare Occhionero

Nicosia e Occhionero
Nicosia e Occhionero
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7 Novembre 2019 - 10.20


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“Mi fai un contratto per entrare ed uscire dalle carceri e basta…Con lei entro e vado al 41 bis. Faccio un sacco di cose, hai capito? Ho trovato questo escamotage…”. Era gennaio e Antonello Nicosia parlava così della sua collaborazione con la parlamentare Giuseppina Occhionero. E ne parlava con Pippo Bono, mafioso e figlio di un mafioso caduto nello scontro tra cosche. Era così importante per Nicosia aver ottenuto quella collaborazione ( i magistrati hanno chiesto alla parlamentare l’origine di quel rapporto ) da non calcolare l’esiguità della contropartita economica. Probabilmente offrirsi per 50 euro al mese “anziché diecimila”, come lo stesso Nicosia ricorda a Bono, avrà incoraggiato l’avvio della collaborazione. Per Antonello Nicosia troppo importante poter entrare al 41 bis. L’occasione se la giocava in altri tavoli, quelli attorno ai quali si riunivano i boss legati a Matteo Messina Denaro; tavoli nei quali si decidevano delitti ma anche grossi affari, in provincia, nell’Isola ed anche Oltreoceano. Il nome di Matteo Messina Denaro e un passepartout ineguagliabile in certi ambienti. Un nome al quale non si può dire di no. La parlamentare l’altra sera è entrata tesissima al Palazzo di Giustizia di Palermo, al fianco del suo legale. Era attesa come persona informata dei fatti. Due lunghe e difficili ore di incontro, con qualche cedimento alle lacrime. Ricompostasi, all’uscita ha affrontato i giornalisti col silenzio, tesissima, provata. Davanti ai magistrati, il mantra è stato “Ho sbagliato…ho sbagliato…”. Ora i magistrati attendo di sapere dagli organi parlamentari come è stato possibile che Antonello Nicosia, con una pesante condanna per traffico di droga, una condanna per ricettazione e una condanna per appropriazione indebita ( senza calcolare il curriculum taroccato ) abbia potuto girare per le stanze parlamentari e trattenere il tesserino anche dopo maggio, quando la collaborazione con la Occhionero cessò. Questa con le altre domande. Tante, in una storia incredibile, inquietante, che pone interrogativi infiniti. Di mezzo c’è un uomo che è stato l’uomo di Matteo Messina Denaro con libero accesso al 41 bis e a Montecitorio. Non poco. Ma Antonello Nicosia, l’insospettabile del clan Messina Denaro non era riuscito soltanto a divenire collaboratore della deputata Giusy Occhioniero, era riuscito a infiltrarsi anche all’università di Palermo, al dipartimento di Scienze Psicologiche. Carceri aperte, giovani universitari da incontrare e indottrinamento tv erano il triangolo magico di una attività tutta al servizio di Cosa nostra. Come rivela oggi Repubblica, Nicosia aveva tenuto seminari all’università di Palermo sul tema dei diritti dei detenuti. E di questo si vantava, naturalmente, con gli amici delle “famiglie”. “Mi sento offesa – dice a Repubblica Maria Garro, attivissima ricercatrice del Dipartimento universitario che ha aperto le porte a Nicosia – un collega ( chi e per conto di chi ?) me l’aveva presentato come persona preparata e affidabile, in quanto presidente di un’associazione che si occupa dei diritti dei detenuti. Sapevo che aveva avuto dei guai giudiziari – ammette la ricercatrice -ma non immaginavo fossero così gravi”. Nessuno all’università gli ha chiesto il curriculum e se mai, Nicosia avrebbe rifilato quello falso che gli aveva già aperto altre porte.. E così, con grande facilità era salito in cattedra a fare dei seminari a giovani da formare. “Cattivo maestro” con poco e con grande ritorno di credibilità all’interno di Cosa nostra. Nei suoi incontri, Nicosia partiva sempre da lontano, dai diritti dei carcerati e dagli errori giudiziari. Uno l’aveva organizzato sul caso di Giuseppe Gulotta, rimasto per 22 anni in cella da innocente, accusato della strage della casermetta di Alcamo Marina. L’intento era che i giovani poi arrivassero a fare due più due pensando alla giustizia come ad un’orrida megera.

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