Marchisio: "Ho ringraziato il cielo perché i miei figli non c'erano"
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Marchisio: "Ho ringraziato il cielo perché i miei figli non c'erano"

L'ex campione della Juve racconta cosa è successo la sera del 29 ottobre, quando 5 rapinatori hanno fatto irruzione nella sua abitazione.

La famiglia di Marchisio
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31 Ottobre 2019 - 10.39


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″È stata tosta, perché due pistole vere non le avevo mai viste e stavolta le avevamo puntate alla testa, ma siamo riusciti a restare lucidi”. Ventiquattro ore dopo, Claudio Marchisio affida alla Stampae al Corriere il racconto della rapina che ha subito nella sua abitazione a Vinovo.

Erano le 21,20 quando 5 uomini hanno fatto irruzione. In casa c’erano solo lui e sua moglie Roberta. 

“Ringraziavo il cielo che in casa non ci fossero i nostri figli. Erano a giocare a pallone, dovevano rientrare alle 8 accompagnati dal nonno e l’allenatore è stato il primo a insospettirsi perché non rispondevamo al telefono. Quando i rapinatori l’hanno capito hanno fatto in fretta, è stata la nostra fortuna”, racconta Marchisio al Corriere. “Non giustifico chi fa questo, ma penso: chi sta male, chi ha fame, non ha paura e può anche arrivare a fare ciò”

Una volta entrati i rapinatori hanno incominciato a chiedere della cassaforte. Volevano uscire il prima possibile. Come dirà Marchisio ai carabinieri, sembravano esperti. Parlavano in italiano ma con un accento probabilmente straniero. Spiega il calciatore al Corriere: 

“Mi chiedevano della cassaforte, ma noi non ce l’abbiamo. Non ci credevano, ma è davvero così. Allora hanno preso tutto ciò che potevano e sono andati via. Avevo paura per me, per mia moglie Roberta”. 

L’organizzazione era capillare. La Stampa ricostruisce nei minimi dettagli le dinamiche: 

“Un’azione lampo: dieci minuti e senza agitazione. Due membri del commando in salotto, a tenere sotto controllo Roberta con dei cacciavite puntati. Gli altri, pistola in pungo, con l’ex campione della Juve in giro per casa a razziare soldi, orologi e abiti firmati. Per portare via tutto, i criminali ordinano a Marchisio di dar loro dei trolley. Li riempiono e fuggono via”. 

L’importante per Marchisio è che stiano tutti bene. In questo momento, i gioielli e i danni subiti contano poco. 

“Sono cose che accadono, in tutti i quartieri di Torino, in Italia, nel mondo. Stavolta è capitata a noi, per fortuna possiamo raccontarla, nessuno si è fatto male. Delle cose materiali mi importa meno, conta che stiamo tutti bene”, dice.

Di quest’esperienza l’ex calciatore della Juve ricorderà soprattutto la paura e quella sensazione di calma apparente che ti pervade negli attimi più difficili. Confessa al Corriere che questa disavventura gli lascia: 

“Il ricordo dei momenti di paura, quando neppure sai cosa accada nel tuo corpo ma riesci a restare tranquillo, anche con una pistola puntata contro. Poi tanti altri pensieri che si rincorrono”. 

Su Twitter Marchisio ha scritto: “Se entri nella casa di una persona per derubarla sei un delinquente. Se punti la pistola al volto di una donna sei un balordo. Se da una storia simile tutto quello che riesci a ricavarne è una battuta idiota o una discriminazione territoriale di qualsiasi tipo, sei un poveretto. A tutti gli altri un sentito grazie per la vostra vicinanza”.

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