Il maresciallo pianista che ha cambiato lo Zen di Palermo

Davide De Novellis è di un'altra città altrettanto bella e difficile. Napoletano, a Palermo ci arrivò 20 anni addietro. Per restarci, per sposarla, per adottarla. Da uomo e da carabiniere.

Davide De Novellis
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

27 Settembre 2019 - 08.53


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La foto lo ritrae con la più classica delle divise, quella di maresciallo dei Carabinieri. Seduto accanto ad una bambina, l’aiuta a fare i compiti. Foto straordinariamente bella per la storia che racconta. Ce la offre Repubblica, nelle pagine palermitane del giornale. Lunedì c’era stato lo storico “inchino” di una processione, questa volta fermata davanti alla caserma dei carabinieri, non davanti all’abitazione di questo o quell’altro boss, come hanno dovuto raccontare fin qui le cronache. Con mafia, camorra e ‘ndrangheta sicure di poter asservire non solo gli uomini, anche Dio. E la cronista di Repubblica è andata allo Zen 2 di Palermo, ha bussato alla caserma, ha incontrato l’uomo che da dieci anni ha la responsabilità del comando di una stazione che solo due lustri addietro appariva come un miracolo, dopo essere stata un azzardo.

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Davide De Novellis è di un’altra città altrettanto bella e difficile. Napoletano, a Palermo ci arrivò 20 anni addietro. Per restarci, per sposarla, per adottarla. Da uomo e da carabiniere. E l’uno e l’altro aiutati da una grande passione, la musica, il pianoforte:” La musica è la mia vita – dice – se non suonassi non potrei essere il maresciallo che sono”.

Dieci anni fa non fu facile fare nascere ed accettare la caserma allo Zen 2. Qui mafia e criminalità erano alimento quotidiano, forzato, dal quale era difficile scappare. La mafia ti imboccava mafia. Padri e figli uniti da un solo destino, che appariva ineluttabile. Lo Stato, cosa lontana e nemica, nemici quanti venivano in nome di uno Stato dal quale si diffidava. Le stanze che ora ospitano la caserma erano occupate abusivamente, “regola” era una parola che non compariva nel vocabolario di queste strade. Con pazienza e con umanità il maresciallo riuscì a farsi accettare, a fare accettare i suoi 14 uomini. Una famiglia indivisa tra famiglie costrette a risalire la corrente, con poche speranze.

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Davide De Novellis qui ci vive e ci lavora 24 ore su 24. E ci abita, condivide emarginazione urbanistica e sociale. Condividere è capire, e capire è necessario per conoscere, dialogare, ascoltare per poi farsi sentire.

Maresciallo e maestro e tant’altro. Il doposcuola coi bambini, coi bambini il calcetto, con le famiglie dello Zen piccole, rare gioie e dolori e sofferenze quotidiane. Un maresciallo qui deve essere anche seminatore di speranza, come gli insegnanti, come il prete, come i volontari che tappano i buchi provocati dalle assenze. Il messaggio è che il domani non necessariamente sarà brutto e sporco come l’oggi, c’è una strada che – se aiutata – può far crescere, cambiare le cose anche in un posto che appare il tappo della vita. Al maresciallo dello Zen- ci racconta l’incontro di Repubblica – non è stato facile giocare con un bambino e l’indomani bussare alla casa del bambino per arrestare il padre. E’ accaduto, ed il maresciallo dei bambini è stato guardato male dal bambino. Poi il bambino è stato aiutato a capire e per lui il maresciallo è tornato ad essere maestro e compagno di giochi. Maresciallo allo Zen è anche questo. Ed anche ricevere gli abbracci e i ringraziamenti degli uomini del quartiere che il giorno prima avevano deciso di fermare la processione davanti alla caserma. Gesti importanti, che segnano – perchè no – passaggi che appaiono piccoli se letti da lontano, ma che sono immensi se scritti da queste parti. Sono lastre di una nuova strada, ma possono essere schegge taglienti e minacciose nel quotidiano.

Mai un dubbio per il maresciallo napoletano divenuto palermitano: “Se andassi via adesso sarebbe un peccato… La gente qui è stanca di soprusi e vessazioni… E’stanca della mafia…”. Stanca della mafia. Parole importanti, magiche, traguardo sognato da tutti gli uomini che, in divisa, in toga, nei panni di uomo o donna comuni, di imprenditore, di giornalista che racconta e denuncia, di prete che indica la speranza, la mafia hanno combattuto e combattono gettando sulla spianata della sfida i proprio giorni, anche la stessa vita.

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