Dal Circeo a Viterbo: lo stupro fascista come strumento di supremazia politica
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Dal Circeo a Viterbo: lo stupro fascista come strumento di supremazia politica

L'affermazione violenta del fascismo attraverso la sopraffazione e lo stupro è storia vecchia: se ne parlava già ai tempi del massacro del Circeo

Donatella Colasanti, vittima del massacro neofascista del Circeo
Donatella Colasanti, vittima del massacro neofascista del Circeo
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

4 Maggio 2019 - 08.46


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Lei ha paura, gli stessi magistrati hanno paura che attorno e contro la donna violentata dai due giovani fascisti di CasaPound di Viterbo possa accadere qualcosa che ripieghi la giustizia in favore della prepotenza e dell’arrogante convinzione di potersi rifugiare nell’impunità, complice qualche “solidarietà”. La donna picchiata, spogliata di ogni difesa e violentata, ha paura ma resiste. E meriterebbe dalla stampa una di quelle scorte mediatiche che la stampa ha saputo costruire quando un giornalista ha motivo di temere per la propria incolumità e il proprio lavoro. Sarebbe bello che questo accadesse anche con chi, non giornalista, venga a trovarsi nel rischio dell’isolamento e della solitudine, attaccabile da forze buie e complesse. E l’area del fascismo italiano ci ha insegnato su quante complicità può contare, soprattutto quando il clima politico gli è favorevole, gli sorride, diciamo.
Quello che è accaduto a Viterbo promette molto di più dell’orrido che si conosce già, gli elementi fin qui emersi e nelle mani dei bravi inquirenti e degli scrupolosi magistrati, suggeriscono l’esistenza di un “sistema” di violenze e stupri. C’è stata una certa distrazione generale e della stessa stampa, ad esempio, su un passaggio delle cose dette (e delle quali è rimasta traccia) tra i protagonisti della vicenda. In quel “Regà, cancellate le chat che sto giro so cazzi per tutti…”, c’è il suggerimento ad allargare l’indagine, a cercare le tappe di altre violenze, i responsabili di un sistema che potrebbe aver visto la partecipazione di un “pubblico” più vasto, unito dalla violenza e dalla laida chat. Quanti altri “giri” di violenza ci sono stati a Viterbo ad opera dei neofascisti? Quante altre convincenti botte all’interno del finto pub di CasaPound? A quanti erano allargati questi “giri”? Quante altre vittime? Altre vittime che non avrebbero parlato e ancora non parlano. Solo per paura, solo per paura dei silenzi imposti e che l’ambiente impone, che la città sembra essersi imposta. Per tutto questo sarebbe bello che all’appuntamento contro la violenza di questo pomeriggio a Viterbo, fossero in tanti. Il sindaco ci sarà, ha accettato l’invito rivoltogli dal capogruppo Pd in Consiglio comunale. Ci saranno i giovani, gli studenti che hanno indetto la manifestazione. Il tempo è buio e inclemente e sembra suggerire l’oscuro che c’è in questa vicenda, scoraggiare la solidarietà e la denuncia.
Alla violenza di Viterbo, sono andato a rileggere la cronaca del massacro del Circeo: Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, fatte cadere in un tranello, massacrate e violentate da tre giovani neofascisti della Roma della metà degli anni Settanta. Rosaria, appena 19enne, non sopravvisse, Donatella solo perchè finse di essere morta.
Una storia terribile, lungo l’iter processuale, storia fatta di fughe e di complicità, perchè allora il neofascismo italiano godeva di complicità in apparati dello Stato, nei Servizi che si servivano dei “neri” come manovalanza nelle strategie del terrore e non solo. Guido, Izzo, Ghira, i tre giovani neofascisti di allora. Carcere e fughe, agevolate dall’Internazionale nera e da settori dei Servizi, da “soffiate”, come quella opportuna che permise ad Andrea Ghira di non farsi trovare a casa quando andarono ad arrestarlo. Nelle cronache, per quel massacro si legge: “Erano gli anni dove i giovani neofascisti facevano le loro esperienze sessuali nei circoli politici dove affermavano la supremazia politica con stupri e pestaggi”. A quasi mezzo secolo, una analogia agghiacciante, in un Paese al quale è stata imposta una deriva che offre tante altre funeste analogie.

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