Il 30 gennaio il proprietario di un bar di Bari ha pubblicato un’annuncio su Facebook, in cui cercava un barista che lavorasse quattordici ore al giorno, sei giorni su sette, per 1.000 euro al mese.
In poche ore il post, pubblicato su Facebook, ha fatto il giro del web, suscitando indignazione per le condizioni definite, da qualcuno, ‘da schiavi’. Così il titolare del locale ha voluto rettificare: “8 ore al giorno a norma di legge”. Ma l’annuncio originale non è stato rimosso.
Il primo post chiedeva una “barista dinamica, che sappia usare bene la macchina del caffè”. Detto dell’orario, dalle 4 del mattino fino alle 18 orario continuato, l’annuncio sintetizzava: “In parole povere deve gestirlo da sola”. Tuttavia, “considerate le ore può stare comodamente seduta quando non c’è nessuno” e “deve sentirsi responsabile e titolare”. Inoltre, inserendosi nel dibattito sui negozi chiusi la domenica, aggiungeva una postilla: “Giorno di riposo la domenica, così il sabato potete andare a ballare”.
Dopo le proteste via social, che gridavano alla schiavitù, il gestore ha corretto il tiro. Chi volesse lavorare nel bar deve ancora essere “disponibile a saperlo gestire da sola”, ma l’orario richiesto cambia: “8 ore al giorno assicurato a norma di legge, in base al mio turno”. Rispetto al primo annnuncio, è sparita la facoltà di sedersi quando il locale è vuoto, ma è stato aggiunto un requisito: “Possibilmente donna grazie”. Nonostante la riduzione dell’orario di lavoro, lo stipendio rimane sempre di 1.000 euro al mese.
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