Chi è Carmelo Zuccaro, il pm antimigranti che piace a Salvini nemico delle Ong

Il Pm è salito alla ribalta delle cronache per la sua inchiesta sulle organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. 

Carmelo Zuccaro
Carmelo Zuccaro
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20 Novembre 2018 - 08.17


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Da giugno 2016 è il Procuratore Capo alle pendici dell’Etna, salito alla ribalta delle cronache per la sua inchiesta sulle organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. 

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Potrebbe esserci qualcosa di sporco, di molto sporco – disse il magistrato – dietro gli “umanitari”. Indicibili accordi con i trafficanti; soldi che dalla Libia approdano ai conti esteri (quali?) delle organizzazioni; piani per destabilizzare l’economia e la società italiana (tutte parole sue) e marciare quindi su questo caos organizzato. Manca solo il “Piano Kalergi” ma non disperate, il tempo è galantuomo.

Prove? “Non ne abbiamo – ci tiene a precisare. “Non ne abbiamo ancora” aggiunge minaccioso. “Abbiamo delle conoscenze”. Io so ma non ho le prove. Un magistrato come Pasolini. Bene. Fonti? Non si può dire. Perché non provengono dai vari organi di polizia giudiziaria ma è materiale d’intelligence – non utilizzabili in un processo. L’Aise? Il Dis? Cia? Mossad? Europol? Non dice quali agenzie (chiacchierati sono i servizi tedeschi e olandesi), ma ora sì, abbiamo le prove, tuona Zuccaro intervistato da la Stampa il 23 aprile. Abbiamo le prove. Quali prove, ordunque? “Delle telefonate fra la Libia e alcune ong”. Strano. Perché 30 giorni prima, parlando davanti al comitato Schengen a Montecitorio ha detto testualmente “non ho sotto controlli i telefoni”. Che abbia disposto intercettazioni in due settimane? Difficile visto che per le utenze estere servono rogatorie non proprio facili da ottenere.

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Francesco Floris scrive per glistatigenerali.com un ritratto completo del procuratore L’arcano viene svelato qualche giorno più tardi: non sono vere e proprie telefonate ma solo i tabulati. Quindi Zuccaro sa solo che le chiamate sono avvenute e in un solo caso – sostiene – il contenuto di un’intercettazione effettuata dai servizi segreti con la frase “Stiamo mettendo in mare i gommoni. Intervenite!”. Pronunciata in che lingua? Sarebbe interessante saperlo. Rivolta a quale ong? C’è il segreto. Da parte di chi? Un prete libico? Un miliziano di Ansal Al-Shari’a? Un trafficante di uomini? Magari un altro migrante che non è partito e ha avuto notizia di un naufragio dove è morto il fratello, come ha testimoniato Save The Children ai microfoni di “Tutta la città ne parla” su Radio3. Magari. Visto che i numeri di telefono delle ong sono pubblici su internet per ovvie ragioni.

Ma Zuccaro non ha solo questo. Lui sostiene di possedere i nastri di alcune conversazioni avvenute via radio. Lavoro d’intelligence pure questo. Intelligence piuttosto scarsina visto che basta sintonizzarsi sul canale 16 della radio, dedicato alle emergenze internazionali, per sentire tutte le conversazioni che avvengono su quelle specifiche frequenze. Per esempio è normale sentire alla notte, quando tutti sono collegati in attesa di SOS o mayday, alcune grida, schiamazzi e parolacce in italiano che militari libici, forti di un dubbio gusto dell’umorismo, urlano nelle radio per divertirsi e importunare chi sta dall’altro capo della trasmittente. Chi è stato in mare lo sa. Sembra saperlo meno l’attuale capo della Procura di Catania, la città di Pippo Fava, spesso oggetto di critiche per non procedere a velocità omogenea nelle diverse indagini condotte.

Ma chi era Carmelo Zuccaro prima dell’improvvisa notorietà? È stato un enfant prodige della giustizia e dell’antimafia siciliana. A soli 40 anni Presidente di Corte d’Assise a Caltanissetta durante i processi su Capaci e via D’Amelio ter. Ancora oggi ha per le mani alcuni dei fascicoli più scottanti, come quello sul Cara di Mineo che vede addirittura il coinvolgimento del Sottosegretario all’Agricoltura di Ncd, Giuseppe Castiglione, a cui viene contestata corruzione in cambio di voti quando in Sicilia reggeva la Provincia di Catania. Una curiosità: sul Cara di Mineo non ha parla così tanto, non rilascia interviste e davanti alla commissione parlamentare sul sistema d’accoglienza ha chiesto che ampi stralci della sua deposizione fossero secretati.

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Si laurea presto Zuccaro ed entra in Guardia di Finanza come solo i 50 migliori laureati potevano fare domanda all’epoca. A 25 anni vince il concorso ed entra in magistratura. La corrente di riferimento fra le toghe è UniCost, Uniti per la Costituzione, minoritari lungo la penisola (anche se spesso decisivi, grazie agli accordi fra correnti che contraddistingue la girandola delle nomine) ma non a Catania. Dove i centristi togati hanno da sempre un peso specifico particolare. A 36 anni, nel 1992, in piena fase stragista e dopo la morte di Falcone e Borsellino, viene invitato in Parlamento da Luciano Violante, insieme con altri magistrati siciliani di spicco. Per parlare dei rapporti malati mafia-politica-imprenditoria sull’isola. E svela dettagli succulenti, per quella fase, tanto da chiedere la secretazione degli atti pure in quel caso. Giustamente.

A inizio Duemila uno screzio che si prolunga per un lustro con il giudice Pasqualino Bruno, di 20 anni più anziano ed esperto di lui. Entrambi vogliono la poltrona di Procuratore a Nicosia. Il giudice Bruno fa ricorso numerose volte per otto anni contro la decisione del Csm di affidare a Zuccaro l’incarico. E vince sempre. Ma per uno di quei curiosi corto circuiti della giustizia italiana non ci va lui a Nicosia. Infatti il magistrato che contesta una decisione del Csm deve rivolgersi a Tar e poi Consiglio di Stato. Quest’ultimo può solo revocare la decisione presa e rimetterla di nuovo alla mercé del Consiglio Superiore. Il quale, se gradisce (e Zuccaro lo gradivano), compie la stessa scelta revocata dai giudici amministrativi. Ad avere tempo il loop può andare avanti all’infinito.

Continua Francesco Floris: Per esempio il 4 dicembre 2015: un ventunenne siriano, Morad Al Ghazawi, viene arrestato a Pozzallo dalla Polizia di Ragusa per terrorismo e col sospetto di essere una cellula solitaria dell’Isis entrata in Europa. È il caso del “migrante con il passaporto Isis” o “diploma Isis” o “lasciapassare per jihadisti”, come lo ribattezzano i giornali citando fonti investigative. Chi prende in mano il fascicolo e coordina le indagini? Proprio lui: Carmelo Zuccaro, quando già sta imboccando l’ultima curva per il rush finale che lo conduce, sei mesi dopo, sulla poltrona più prestigiosa dell’ufficio giudiziario etneo. Sul ventunenne siriano si affida a Digos ragusana e investigatori.

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Che trovano sul telefono del ragazzo un documento su carta gialla con foto di un’altra persona, un timbro dell’Isis e un testo in arabo che attesterebbe il superamento di un corso di formazione jihadista (sic). C’è un problema: il testo è stato tradotto in maniera grossolana. In realtà è un “attestato di non-miscredenza” come scoprono Radio Radicale, che per prima solleva il caso, e la redazione di Meridionenews, rilasciato dal “governatorato della Svezia a nome di Mamo Al Jaziri”, un cantante siriano di origini curde che vive a Stoccolma da anni. Un documento che gira in rete da più di un anno sempre con foto diverse – una bufala pazzesca.

Come del resto le altre “prove” eclatanti della Procura: il testo che gli trovano su whatsapp “Non c’è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo Profeta” che a Catania stabiliscono essere il messaggio di affiliazione allo Stato Islamico. Mentre invece è la “shahada”, uno dei primi precetti del Corano – la professione di fede – che vale per tutti i musulmani del mondo. O ancora: la richiesta di fermo della Procura dove si cita un’altra bufala: il video ritrovato sul telefono di Morad Al Ghazawi dove secondo i magistrati si vede “un arabo proclamare la difesa della Siria imbracciando fucili e spade”. E in effetti si vede. Bene: ’’arabo in questione nel video ha una lunga barba finta, il fucile è finto, la spada pure ed esce dalla stanza sculettando. È satira. Proprio contro gli islamisti come ha mostrato Amedeo Ricucci su Rai 1. Tutte informazioni disponibili prima della sentenza a cominciare dal fatto che sul passaporto del ventunenne, quello vero non il “passaporto Isis”, ci sono timbri del 2012 che mostrano come si è rifugiato in Giordania prima di partire alla volta dell’Europa. Nel 2012. Quando Isis nemmeno esisteva in Siria. Ma le evidenze non bloccano la Procura guidata da Zuccaro che ancora quest’anno chiede quattro anni di carcere. Viene assolto ma intanto Morad si è fatto 16 mesi di prigione a Sassari in quella nota come la “Guantanamo d’Italia”. Ora è in Germania, ricongiunto alla famiglia. Chi lo conosce dice che è rimasto seriamente traumatizzato, fino ad oggi.

Ma Zuccaro non si demoralizza con gli errori – clamorosi – e torna all’attacco. Questa volta delle ong. Si concede prima a un quotidiano locale dove dichiara fra le altre cose: «Ci stiamo muovendo con dei poteri che non sono quelli dell’autorità giudiziaria». Interessante, verrebbe da chiedersi: ma quali? Con quali regole di ingaggio, e sulla base di quali norme? Poi si concede a Repubblica: “Forse la cosa è ancora più inquietante – dice – alcune ong hanno finalità diverse: destabilizzare l’economia per trarne dei vantaggi”. Boom. Destabilizzare l’economia. Se fossimo dalle parti della mitica Procura di Trani potremmo immaginare un grande complotto fra ong, migranti, trafficanti e agenzie di rating per sconvolgere l’Italia.

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