L'Anac denuncia: troppa corruzione sui dispositivi per il diabete, uno spreco di 215 milioni

Sono i dati di un dossier dell'Autorità nazionale anticorruzione sul mercato dei dispositivi medici per la malattia: per le stesse strisce o aghi in alcune regioni si paga il triplo

L'immagine di un pungidito
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8 Ottobre 2018 - 12.42


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Se si uniformassero i prezzi dei dispositivi per diabetici a quelli della regione più virtuosa si avrebbe un risparmio di 215 milioni l’anno su una spesa totale di mezzo miliardo. Lo rileva l’Anac, guidata da Raffaele Cantone, in un dossier sugli sprechi nel mercato dei dispositivi medici per il diabete. La stessa striscia per il controllo della glicemia, ad esempio, viene pagata 19 centesimi dall’Emilia Romagna e il triplo dalla Provincia di Bolzano.
Lo scorso anno l’Autorità nazionale anticorruzione aveva avviato un’indagine conoscitiva sul mercato dei dispositivi medici che servono a misurarsi e gestire il diabete mellito in modo autonomo, e forniti gratuitamente ai malati dai sistemi sanitari regionali, in seguito ad alcune segnalazioni effettuate dalle principali associazioni dei pazienti.
Quello che è emerso, così come in passato per il caso delle siringhe e dei pasti ospedalieri, sono oscillazioni di prezzo molto consistenti da Regione a Regione: un ago penna per iniettarsi l’insulina, ad esempio, viene pagato 1,5 centesimi dalla Liguria e 16,5 centesimi dal Lazio, ben undici volte di più; per le lancette pungidito si va dai 2 euro dell’Emilia Romagna ai 28,86 euro della Provincia di Trento. Il risultato di questa diversità è che l’Emilia spende in media per un diabetico 51 euro l’anno, mentre la Provincia di Bolzano 318, oltre sei volte in più. In base allo studio pubblicato sul sito web Anac, se tutte le regioni si adeguassero a quanto spende l’Abruzzo, una delle più virtuose, il risparmio sarebbe di 215 milioni (-42%), e alcune regioni come Calabria e Lazio potrebbero dimezzare la loro spesa senza intaccare quella destinata all’assistenza a malati.
Uno dei principali motivi di questa difformità di prezzo è che la maggior parte delle Regioni non fa gare pubbliche basate sulla concorrenza dei prezzi ma stipula accordi convenzionali con i fornitori. Per l’indagine sono stati inviati questionari agli assessorati regionali alla sanità, ma reperire i dati non è stato un lavoro semplice. Alcune Regioni come Campania e Sicilia non sono state neppure in grado di comunicare quanto spendono. “Per tali Regioni, che rappresentano quasi un terzo della popolazione italiana, la difficoltà di produrre le informazioni richieste potrebbe essere sintomatica di una situazione di non pieno controllo della spesa”, scrive l’Authority, sottolineando che questo “ha reso necessario un’attività istruttoria supplementare”.

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