Shobini, piccola immigrata senza tetto che la solidarietà ha portato alla laurea
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Shobini, piccola immigrata senza tetto che la solidarietà ha portato alla laurea

Una storia di speranza in tempi difficili: salvata dalla missione di Fratel Biagio Conte a Palermo, oggi Shobini vive a Torino, è laureata e sogna una professione

Biagio Conte
Biagio Conte
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23 Agosto 2018 - 19.59


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Nella Missione speranza e carità fondata dal missionario laico fratel Biagio Conte, da oltre 25 anni cittadella dei poveri e della solidarietà di Palermo, sono tante le storie di rinascita. Una di questa – raccontata da Repubblica nelle pagine palermitane – narra di una bambina cresciuta con la Missione e che è riuscita a laurearsi in Scienze politiche e delle relazioni internazionali. Shobini Ratnasinghan, 25 anni, vive ora a Torino. “I miei genitori sono originari dello Sri Lanka – racconta – a causa della guerra tra tamil e cingalesi sono stati costretti ad espatriare; e sono riusciti a stabilirsi a Palermo, dove siamo nati io e mio fratello Paveeshan”. Ma quando aveva 10 anni è morto il papà e la situazione economica è precipitata. “Ci è stato consigliato – prosegue il suo racconto – di chiedere aiuto a un tale Fratello Biagio, per risollevarci”.

La cittadella di via Decollati all’epoca era un cumulo di macerie e tende ma si accoglievano già moltissime persone. “Biagio ascoltò la nostra storia e c’incoraggiò: quel momento difficile l’avremmo superato insieme! Ci disse d’andare in via Garibaldi – ricorda Shobini – e lì fummo accolti da sorella Mattia, Alessandra e Lucia, che si premurarono di non farci mancar nulla e c’iscrissero anche a scuola”.

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Tanti i momenti di gioia (come le feste per i compleanni a sorpresa) che la famiglia ha trascorso con loro, grande il supporto ricevuto nei periodi di fragilità esistenziale (come i ricoveri ospedalieri). La giovane afferma di averne tratto un insegnamento: “I quattro anni che abbiamo trascorso in Missione ci hanno permesso di comprendere che se nella vita capitano avvenimenti infelici, non bisogna disperare ma rimboccarsi sempre le maniche per ricominciare”. Desiderosa di ricambiare alle cure ricevute, Shobini ha preso a fare il doposcuola ai bambini della Missione e ha lavorato come interprete per le commissioni territoriali, traducendo le interviste fatte dai commissari ai richiedenti asilo, perfino durante gli sbarchi. E ha portato avanti gli studi con profitto.

Si è laureata e sta ultimando la specialistica in Scienze amministrative. Confida: “Devo trovare la mia strada professionale e non posso sapere se sarà ancora accanto alla Missione, ma di una cosa sono certa: la conosco, con orgoglio, da 15 anni. L’ho conosciuta che ero appena bambina e l’ho vista crescere via, via. Quante donne avrò visto accogliere, dalle instancabili sorelle? Centinaia! Un pensiero sarà sempre con me: il fatto che entravano tutte dal portone di via Garibaldi disperate per aver perso tutto ed uscivano con un sorriso pieno di forza e gli occhi illuminati dal coraggio”.

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