Furto alla banca del genoma, indagate 21 persone: c'è anche un ex ministro

Nel settembre 2016 sparirono dal centro di ricerca Genos di Perdasfdefogu, in Sardegna, 25 mila provette con materiale genetico. Tra gli indagati anche l'ex ministro Profumo

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14 Giugno 2018 - 16.56


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Dopo due anni dal furto di migliaia di provette dal laboratorio Genos di Perdasdefogu, in provincia di Nuoro, si è chiusa l’inchiesta condotta dalla Procura di Lanusei: sono indagate oggi 21 persone, accusate a vario titolo di furto, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, illecita trattazione di dati sensibili.

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Quella avviata nell’agosto 2016, dopo che la custode dell’istituto Debora Parracciani segnalò la sparizione di circa 25 mila provette di sangue dai laboratori, si preannunciava un’indagine difficile. A partire dall’oggetto del furto: non semplici campioni organici, ma materiale genetico donato da 14 mila persone che vivevano nella regione sarda dell’Ogliastra, in particolare nei paesi di Perdasdefogu, Talana e Urzulei. Un territorio dall’alto numero di ultracentenari, inserito all’interno della cosiddetta ‘Blue zone’ della longevità insieme ad alcune zone di Giappone, Costa Rica, California e Grecia: campioni genetici preziosissimi, dunque, per studiare il segreto di una vita sana e lunga. Le provette vennero ritrovate un mese dopo quando Mario Pirastu, ex direttore scientifico del Parco e genetista, fece sapere che non si era trattato di un furto, ma che era stato lui stesso ad averle spostate altrove, all’Università di Cagliari, ma senza avvisare nessuno.

In questi due anni il procuratore di Lanusei Biagio Mazzeo ha cercato di dipanare le fila di una matassa estremamente intricata. Appena due mesi prima la società che gestiva la banca dati genetica, appartenente al progetto di ricerca Shar.dna fondata nel 2000 da Renato Soru (patron di Tiscali, ex presidente della Regione Sardegna ed eurodeputato) e da Mario Pirastu, era stata messa in liquidazione e aquistata da una società inglese, la Tiziana srl, con tanti dubbi sulla questione della proprietà dei dati genetici e della privacy dei donatori. Benché i punti oscuri siano ancora tanti, Mazzeo ha però avuto modo di dichiarare che si è attenuto all’unico reato effettivamente accertato, quello della sparizione delle provette, che rappresenta però anche un importante precedente per la tutela dei dati personali.

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In attesa di capire, se mai sarà possibile, cosa il dottor Pirastu volesse davvero fare delle provette e quali interessi economici possano essere all’origine del giallo, Mazzeo ha puntato soprattutto sulla “illecita trattazione dei dati sensibili”, visto che le persone che si erano prestate, a titolo gratuito, a donare il loro Dna alla ricerca non erano state informate sulle successive destinazioni delle provette e avevano dato il consenso all’uso dei loro dati soltanto al Parco Genos.

Gli altri reati contestati ai 21 indagati sono furto, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, illecita trattazione di dati sensibili. Primo tra gli accusati è il professor Mario Pirastu, che in qualità di presidente del Cda di Genos si sarebbe impossessato del materiale biologico in concorso con la sua collaboratrice Simona Vaccargiu. Rischiano poi la richiesta di rinvio a giudizio il professor Maurizio Fossarelli, primario della clinica oculistica del San Giovanni di Dio di Cagliari, dove furono ritrovate le provette; il presidente e i consiglieri di amministrazione di Genos Valter Vittorio Mura, Maurizio Caddeo, Franco Tegas, Mariano Carta (sindaco di Perdasdefogu), Piergiorgio Lorrai e Ercole Perione; l’amministratore unico di Longevia Tiziano Lazzaretti; i presidenti e i consiglieri di Shar.dna Barbara Angelini, Alessandro Longo, Gianluca Roberto Santoro, Maurizia Squinzi Mario Valsecchi e Gian Luigi Galletta.

Poiché parte dei campioni furono poi ritrovati anche al Cnr di Sassari nel gennaio 2018, sono stati inoltre indagati i presidenti pro tempore del Cnr Luciano Maiani, Francesco Profumo (ex ministro della ricerca con il Governo Monti) e Massimo Inguscio, il direttore dell’Irgb del Cnr di Cagliari Francesco Cucca e il curatore fallimentare della Shar.Dna Renato Macciotta. Gli avvocati hanno 20 giorni di tempo per depositare memorie e documenti, in attesa delle decisioni del pm: richiesta di processo o archiviazione.

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