Il nepotismo è un male atavico delle nostre università, che resta tale nonostante i molti tentativi per sradicarlo.
L’ultima a lanciarsi in questa impresa è stata Maria Stella Gelmini che, nella sua riforma (nel 2010), inserì anche delle norme per stroncare la prassi che vede i ‘baroni’ assumere figli, nuore, generi e nipoti vari.
Ma il legislatore non poteva pensare di avere lasciato uno spiraglio nella legge. Il passaggio in questione è il seguente: “Non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio d’amministrazione dell’ateneo”.
Il testo sembra inequivocabile, ma se è vero che ‘fatta la legge, trovato l’inganno’, anche la riforma Gelmini si è dimostrata vulnerabile. Come ha dimostrato il caso del prog.Giliberto Capano che, distaccato alla Normale di Pisa dall’Università di Bologna, ha deciso di partecipare alla selezione di un posto di ”professore universitario di prima fascia per il settore Scienza politica” del prestigioso ateneo pisano.
In sostanza si è candidato ad un posto ‘duraturo’, piuttosto che al distacco, nella stessa universitaria dove insegnava da anni.
L’università non ci è stata chiedendo all’avvocatura dello Stato di pronunciarsi, in considerazione del ragionamento che, se la legge vieta i concorsi a parenti dei docenti, a maggior ragione deve vietarli per i docenti stessi. E l’avvocatura dà ragione all’università. Ma questa volta è il prof.Capano a chiedere al Tar di esprimersi e la giustizia amministrativa ha dato ragione al docente con una motivazione (”L’argomento della Scuola resistente, dichiaratamente utilizzato in senso atecnico, secondo cui ‘ognuno è il primo parente di se stesso, il parente di grado 0″, è suggestivo, ma non convince’.’) inattaccabile sul piano del diritto, ma che certo non appare immune da considerazioni negative.
Si dirà che il docente non ha fatto niente di illegale quando si è infilato in una fessura della legge, non contravvenendo alla norma. Ma può indurre a considerazioni generali su come spesso la rigidità della legge va contro il senso comune di giustizia. Quindi, il docente non ha fatto assolutamente niente di non corretto, ma certo il retrogusto che questa vicenda lascia è molto, molto amaro.
Paradossi universitari: il Barone non può assumere parenti ma può far vincere sé stesso
Il Tar dà ragione ad un professore della Normale di Pisa che ha bandito un concorso che poi lui stesso ha vinto

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27 Marzo 2018 - 10.14
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