E’ stata picchiata così tanto, così forte Sofiya Melnyk che anche l’esame autoptico è stato complicato da realizzarsi. Il cadavere della donna è stato trovato in una zona vicino al Monte Grappa, nel Vicentino, il 24 dicembre scorso da un gruppo di cacciatori: era in un burrone, il corpo martoriato coperto da una busta di plastica dell’immondizia. La 43enne ucraina, da tempo residente a Cornuda, aveva fatto perdere le sue tracce il 15 novembre. A denunciarne la scomparsa era stato il convivente, Daniel Pascal Albanese, un 50enne che pochi giorni dopo si è suicidato impiccandosi.
Dagli esami del dottor Alberto Furlanetto si è escluso che la donna possa essere stata uccisa con armi da fuoco o da taglio, ma tutte le altre ipotesi dovranno essere avvalorate da nuovi accertamenti. L’autopsia ha comunque evidenziato, come dato macroscopico, la presenza di numerosi e gravi traumi. Secondo l’anatomopatologo, potrebbero essere compatibili con colpi inferti con corpi contundenti, come un bastone, o con calci, ma allo stesso tempo essere dovuti alla caduta dalla sommità della scarpata da cui il corpo è stato gettata, nel caso questo sia avvenuto quando la donna era ancora viva. Il consulente tecnico del pm ha chiesto due mesi di tempo.
Sembra che l’omicidio sia scaturito per ragioni sentimentali. Sofiya Melnyk frequentava oltre Daniel Pascal Albanese anche un geologo emiliano e un medico del trevigiano. Il principale indiziato resta appunto Albanese, ex consulente finanziario, che sapeva delle frequentazioni della bellissima donna con altri uomini. E forse non aveva saputo rassegnarsi all’idea della fine del loro rapporto. Sofiya, che aveva frequentato un geologo settantenne emiliano, il quale pagava il mutuo della sua casa, stava pensando di iniziare una nuova vita con un medico sessantenne trevigiano, di Montebelluna, il primo ad essersi allarmato per la sua scomparsa.