"Container" dipinti, la street art riempie il vuoto e ridisegna la realtà post sisma

Sono stati coinvolti Koz Dos, venezuelani che già avevano realizzato un’opera di 18 metri a Civitanova Marche (MC) e Morden Gore, artista marchigiano.

L'opera di Koz Dos
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29 Dicembre 2017 - 16.13


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 Chi ascolta la parola “Container” e vive in una zona colpita duramente dal terremoto sa di che cosa si sta parlando. La conoscono bene le popolazioni del sisma, descrive un contenitore, spesso di cose ma a volte, come in questi casi, di storie e di vite che avendo perso tutto si apprestano a ricominciare. “Container” è anche il titolo di un video documentario girato nell’anno 2017 dal regista Angelo Paoletti con la collaborazione di Simone Paglialunga a Pieve Torina, comune del maceratese colpito dal sisma che si è ritrovato con “il 93% del patrimonio edilizio inagibile e alcune frazioni quasi interamente crollate”. Il progetto video racconta il terremoto partendo da una significativa esperienza d’arte voluta dal comune attraverso un bando che è stato vinto dalla realtà civitanovese Anime di Strada.

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Il bando “aveva come tema la rinascita e chiedeva di fare interventi di street art su dei container adibiti ad attività commerciali” specificano i responsabili di Anime di Strada, organizzazione che attua azioni di arte urbana (pittura, serigrafia, illustrazione, design grafico). “Sono azioni di riqualificazione e riappropriazione – spiegano – che portano colore e arte in luoghi storicamente meno interessati dalle politiche di intervento pubblico”. Una volta vinto il bando, la scelta degli artisti è caduta su chi aveva uno spirito affine ai proposti richiesti. Sono stati coinvolti Koz Dos, venezuelani che già avevano realizzato un’opera di 18 metri a Civitanova Marche (MC) e Morden Gore, artista marchigiano.

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“Ha cominciato a piovere, c’era un temporale fortissimo, erano verso le nove. È andata via la luce”. È la voce di Anna Rita del comune di Pieve Torina ad aprire il documentario. “Il tempo di uscire dal comune e sentire che delle cose crollavano all’interno… – racconta -. Sono caduta perché non si riusciva a mettere un piede davanti all’altro, non riuscivo ad alzarmi, ho perso gli occhiali. Come se si fosse fermato il tempo”. “Dopo, la situazione è stata veramente drammatica” sottolinea. Ma il tempo non si ferma e occorre riorganizzarsi. Il sindaco, spiega Anna Rita, fin dall’inizio è stato sensibile a quello che definiva “il popolo della partita iva” quello che “da un momento all’altro non aveva più nulla, non aveva di che andare avanti” e attraverso un piccolo aiuto da parte della regione è stata designata un’area dove realizzare un centro per il commercio. È venuta poi l’idea di decorare con delle opere d’arte i container utilizzati. È stato quindi proposto un bando nazionale, un’idea molto apprezzata.

Koz Dos ha iniziato a dipingere facendo graffiti a Caracas, la sua città. Lavora molto con lo spazio “è lui che ti dice che colore usare che composizione fare, quali sono le cose che funzionano” dichiara nel video. “Tutto quello che uno fa, ti viene bene o ti viene male, ti lascerà sempre un insegnamento”, mentre ringrazia per avergli “aperto le porte di casa” sottolinea l’importanza di un progetto come questo “l’arte può aiutare la gente a vivere meglio, o può aiutarla a rinascere”.  

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Morden Gore dipinge da venti anni “fino a sei sette anni, facevo graffiti, in particolare 3d, poi sono passato al figurativo, sentendo una spinta a voler dire qualcosa oltre che lasciare il segno”. Parlando dei container dipinti Gore riferisce che nella parete quadrata ha rappresentato una montagna con due figure in controluce che si tengono in una presa forte, la parte lunga è invece come uno zoom di quell’abbraccio, di quella stretta fra due persone, “cicatrizzata dall’oro” che, specifica Gore, “riprende un po’ l’antica filosofia giapponese del kintsugi, che letteralmente vuol dire riparare con l’oro”. Una tecnica che evidenzia le linee di frattura e impreziosisce l’opera attraverso le sue “cicatrici”. Una metafora, attraverso cui l’antica arte giapponese abbraccia le ferite, fino a valorizzarle, quasi a farle divenire bellezza da esporre.

“L’arte è una parola gigantesca – conclude l’artista – è chiaro che in questo momento, in questa situazione per le persone del posto è difficile parlare di arte, chiaramente sono più le cose concrete ad essere importanti, ma può essere un veicolo per portare l’attenzione su questi argomenti a chi è al di fuori”. “Bisogna che si riorganizzi una realtà, una realtà alternativa che sia anche riconoscibile e anche gradevole. aggiunge nel video Anna Rita -. Noi abbiamo dei vuoti e dobbiamo riempirli di contenuti. Il contenuto dà quella serenità”. “Siamo qui, rimarremo qui, continueremo a lavorare per questo”, ribadisce con convinzione. (slup)

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