Sabir, i sopravvissuti tornano a Lampedusa

Giovani eritrei tornano sull'isola per ricordare la tragedia di un anno fa. Apertura del festival di Sabir con uno spettacolo di Ascanio Celestini.[Giuliana Sgrena]

Giuliana Sgrena
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6 Ottobre 2014 - 08.27


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di Giuliana Sgrena

I sopravvissuti alla strage del 3 ottobre 2013 si sono schermiti ma non sono riusciti a evitare l’assalto delle tv e dei fotografi che li attendevano alla porta degli arrivi dell’aeroporto di Lampedusa. Non sono serviti a ripararli nemmeno l’arrivo inatteso, prima di loro, dei medici clown. E pensare che tornando a Lampedusa difficilmente saranno riusciti a evitare di rivivere l’incubo di un anno fa. Ma intorno a loro anche molto affetto, di quei lampedusani che allora li hanno salvati o «adottati».

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Onder e Costantino aspettano Luam, una ragazza che torna dalla Svezia, una di quelle che sono riusciti a recuperare tra i cadaveri. «Erano le 7, eravamo usciti per pescare, quasi non ci accorgevamo di quello che stava succedendo, finché sotto i nostri occhi sono apparsi cadaveri e gente che chiedeva aiuto. Abbiamo tirato su una decina di ragazzi coperti di gasolio, scivolavano tra le nostre mani come saponette. Poi tra i cadaveri una mano che chiedeva aiuto, era quella della ragazza….» racconta Onder. Quando Luam arriva Costantino se la porta via di peso proteggendola, proprio come quando l’aveva salvata.

Anche Lillo aspetta un suo «figlio» dalla Svezia, voleva tenerlo in affidamento ma la burocrazia glielo ha impedito. Ora però ha ottenuto in affidamento Sidun, un ragazzo diciassettenne senegalese, mingherlino, timido, porta la maglietta con il simbolo di Lampedusa, la tartaruga. Lillo è l’unico, per ora, che ha ottenuto l’affidamento, ma dice che ce ne sarebbero tanti come lui pronti ad aiutare questi ragazzi, a farli studiare, ma la burocrazia…

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I lampedusani sono veramente generosi, anche se ovviamente non si può generalizzare, sarà perché sanno cosa vuol dire vivere in una periferia, l’isola più a sud dell’Italia e più a sud dell’Europa come ha detto la sindaca Giusi Nicolini all’apertura del festival di Sabir, promosso dal comune di Lampedusa, l’Arci e il comitato 3 ottobre.

Lo spettacolo di apertura di Ascanio Celestini, che sta lavorando sull’isola da giorni, ha coinvolto i lampedusani e i turisti che stanno godendosi questo scorcio di estate. Il teatro e il concerto di Fiorella Mannoia, il 4 sera, sono i momenti in cui il festival entrerà in contatto con la gente dell’isola, che invece sa poco o nulla dei convegni che si svolgono nelle sale dell’aeroporto affollate da centinaia di militanti dei diritti umani, o impegnati sui temi della migrazione, di pacifisti provenienti dal Mediterraneo e oltre.

Oggi, 3 ottobre, sarà il giorno più importante, quello dell’anniversario della tragedia. Un anno fa il mare ha inghiottito almeno 368 profughi, in maggioranza eritrei, molti dei quali non hanno ancora un nome. E i parenti e i sopravvissuti (42 di loro) sono qui per identificarli. Un giorno della memoria — non ancora riconosciuto ufficialmente come richiesto dal Comitato 3 ottobre nato proprio un anno fa — non per mettere a tacere la coscienza ma per interrogare le coscienze, soprattutto di coloro che potrebbero, dovrebbero fare di più per evitare queste tragedie. È anche il giorno in cui sull’isola sbarcheranno molti politici: il presidente del parlamento europeo Schultz, la presidente del parlamento Laura Boldrini, che conosce l’isola da quando era portavoce dell’Unhcr, la signora Pesc Federica Mogherini e altri ancora. Si era parlato prima dell’arrivo del contestato Alfano, ieri persino di Renzi, ma nessuno dei due sarà sull’isola.

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Oggi Lampedusa sarà blindata proprio per la presenza delle autorità. Diverse le manifestazioni previste: una corona di fiori e una lapide saranno deposte nel luogo del naufragio. Una marcia la sera partirà dal centro di Lampedusa per arrivare alla porta della pace, il monumento che ricorda i morti in mare. Comunque «non vogliamo una passerella dei politici», dicono gli organizzatori, che dovrebbero metterli di fronte alle loro responsabilità. Spe-riamo.

L’arrivo di personalità dal continente è sempre l’occasione per chiedere aiuti per chi vive in una situazione di disagio, a Lampedusa non esiste nemmeno un ospedale. E così ci dice un precario: «prima di pensare agli altri dovrebbero pensare a noi che paghiamo le tasse», ma quando faccio notare che la sorte che tocca ai migranti non è certo delle migliori, a partire da quando vengono chiusi nel centro di accoglienza che forse riaprirà proprio in questi giorni, ammette che questo è vero e che occorre aiutare tutti.

Comunque la politica di accoglienza e delle iniziative culturali della sindaca non sono condivise dai lampedusani che avevano appoggiato i suoi rivali nella competizione elettorale e che hanno organizzato una manifestazione contro per il 4 mattina. Ma ieri pomeriggio sono comparsi sui muri del centro volantini a sostegno della sindaca Giusi Nicolini. L’isola continua a essere divisa anche se speriamo rientri almeno nelle carte geografiche dell’Italia e dell’Europa che per ora la escludono sia geograficamente che politicamente.

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