Turchia, cresce il turismo religioso

La convivenza nei secoli delle diverse fedi fa della Turchia un luogo unico per i pellegrini di tutto il mondo<br>

Turchia, cresce il turismo religioso
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25 Luglio 2014 - 10.09


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E’ la voce più importante del settore turistico nazionale, ma ancora attende uno sviluppo adeguato alle proprie potenzialità: la conferenza che ha radunato a Smirne  i rappresentanti delle chiese battiste di 120 Stati ha concentrato l’attenzione sull’importanza del turismo religioso in Turchia, alla luce dei dati storici e culturali che la rendono il Paese la seconda meta per la cristianità dopo Israele. La conferenza è servita soprattutto a presentare il nuovo progetto del ministero del Turismo di Ankara, che cerca di colmare le lacune degli anni passati con un piano di restauro per centinaia di siti religiosi.

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Il piano prevede nel 2014 la ristrutturazione di decine di chiese, a cominciare da quella di San Nicola di Demre che costerà, secondo le previsioni, circa 800.000 lire turche. A seguire verranno restaurate le chiese di Smirne, Adana, Erzurum, Artvin, Ordu, Nevsehir, Nigde e Aksaray. In fase di completamento è invece la ristrutturazione della chiesa armena del X secolo nella provincia di Van, i cui lavori sono iniziati nel 2005. Solo nel 2013, secondo il ministero del turismo, il luogo di culto ha attirato 71.000 visitatori da tutto il mondo. Secondo Timur Baydir, presidente dell’Associazione Touristic hotels and investors (Turob), il turismo religioso è una vocazione naturale per la Turchia, da sempre crocevia delle diverse fedi e fortemente caratterizzata sia dall’eredità cristiana che da quella islamica.  

“Il nostro Paese ha un enorme potenziale da questo punto di vista – dice intervistato dal ‘Setimes’ Turkey – e abbiamo cominciato a capirlo solo negli anni ’90, con i primi sforzi in questa direzione”. Secondo Umut Sahin, segretario generale dell’Associazione chiese protestanti, la Turchia ospita gran parte dei luoghi simbolo della prima era cristiana.  “Molti racconti della Bibbia – dice – sono ambientati proprio ai confini con l’odierna Turchia, e le Sette chiese della Rivelazione sono collocate in territorio turco”. Fra le località più importanti c’è Efeso, la seconda città dell’Impero romano per importanza all’epoca delle persecuzioni contro i cristiani.

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Alcune fonti narrano di una permanenza nella città dell’apostolo Giovanni , mentre secondo altre con lui vi era anche la Vergine Maria.  A Efeso si ritiene sia situato il sepolcro di Giovanni, e su quel luogo è stata eretta una basilica nel VI secolo, sotto l’imperatore Giustiniano.  Pochi chilometri più a Sud c’è invece la cappella intitolata alla Vergine, conosciuta come Casa della Madre Maria. La struttura, del quarto secolo, secondo gli archeologi fu costruita in una versione iniziale addirittura nel I secolo Dopo Cristo.  Sempre attorno ad Efeso si trova la Caverna dei sette dormienti, che unisce la tradizione paleocristiana con quella musulmana attraverso delle narrazioni contenute sia nella Legenda Aurea che nella diciottesima sura del Corano, la “sura della caverna”. Secondo alcune credenze, infine, proprio in questo luogo sarebbe sepolta anche Maria Maddalena.

La chiesa di San Nicola di Demre, nella provincia di Antalya è un esempio della prima architettura bizantina, e la sua fondazione risale al V secolo. Qui è sepolto San Nicola di Myra, vescovo del IV secolo e figura preminente della Chiesa ortodossa. Ad Antiochia, infine, secondo la tradizione Pietro fondò la prima chiesa cristiana, nel I secolo dopo Cristo, e incontrò per la prima volta l’apostolo Paolo. Ancora oggi il territorio è costellato di innumerevoli luoghi di culto, e accanto alle comunità maggiori, formate da musulmani sunniti e aleviti, vi sono greci, armeni e siriani che praticano la fede ortodossa, ma anche cattolici, caldei e protestanti accanto ai rappresentanti della regione ebraica.

Secondo Sahin, dell’Associazione chiese protestanti, “i turisti voglio vedere questi luoghi in prima persona, per stabilire una relazione ancora più personale con il divino. E’ necessario quindi – prosegue – migliorare le condizioni di questi siti, valutando l’importanza del loro aspetto spirituale oltre che di quello meramente lucrativo”. La mentalità delle autorità, dice ancora Sahin, va cambiata verso un rispetto maggiore per tutti i culti presenti nel Paese. In questo senso non aiutano, prosegue,  episodi come quello della conversione in moschea della chiesa di Santa Sofia a Iznik, costruita per volontà dell’imperatore Giustiniano sul modello dell’omonima basilica di Istanbul. Lo stesso destino è toccato l’anno scorso alla chiesa di Trabzon, ricorda ancora Sahin.

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“E’ chiaro – conclude – che la Turchia non ha ancora colto tutto il potenziale del suo patrimonio cristiano. C’è ancora molto da fare e soprattutto da preservare”. Gina Celik è una cittadina romena che da anni vive in Turchia. La sua fede cristiana, dice al “Ses Turkey”, non le ha impedito di apprezzare tutti i simboli religiosi presenti nel Paese, dalle chiese paleocristiane alle moschee islamiche. Uno sviluppo del settore, conclude, potrebbe far diventare la Turchia un ponte, anche dal punto di vista culturale, per un maggiore dialogo fra l’Islam e le altre religioni.  “Dal mio punto di vista – conclude – il turismo religioso può rendere tutti noi più tolleranti, e aiutarci a superare le percezioni sbagliate che abbiamo l’uno dell’altro”. 

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