Guerre senza fine: angosciato l'appello del Papa

Preso nella spirale della guerra ciascun belligerante presume di stare dalla parte giusta e potere assumere anche comportamenti disumani e crudeli per la sua causa.

Guerre senza fine: angosciato l'appello del Papa
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21 Luglio 2014 - 10.21


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di Nuccio Fava

Ancora papa Francesco rinnova da piazza san Pietro il grido di dolore e l’angoscia per le morti e il sangue che continua ad essere versato nelle tante aree di guerra del mondo. La pace non si può costruire con le armi e la violenza che genera altra violenza, altri conflitti e porta morte anche tra i civili, le donne e i bambini. È il nuovo appello accorato del Papa durante l’Angelus domenicale.

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Ma le preoccupazioni drammatiche sulle situazioni di conflitto armato sono accresciute dalla permanente mancanza di ogni prospettiva, se non di proprie trattative, almeno dall’avvio di una qualche disponibilità al dialogo e, al contrario, alla totale chiusura verso ogni offerta di mediazione da parte di Paesi terzi o dell’Onu.

Ciascuno continua criminalmente a restare bloccato sulle proprie posizioni incurante dello strazio per le vite umane distrutte e la condizione disumana a cui vengono sottoposte intere popolazioni che cercano nella fuga l’unica via di salvezza. Ce lo mostrano le immagini strazianti della tv e le corrispondenze degli inviati di guerra, molti dei quali anche loro in fuga e costretti a lasciare i territori martoriati.

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In termini strettamente militari, se così può dirsi, la situazione più impressionante si consuma nella Striscia di Gaza. Allo stato neppure la prospettiva di una tregua umanitaria riesce ad attenuare la rigidità bellicista delle parti. Ciascuno coltiva ed agita propagandisticamente l’illusione che il conflitto e le stesse vittime serviranno se non a vincere, almeno a dare una severa lezione al nemico, a metterlo comunque illusoriamente nella condizione di non nuocere.

Prevale purtroppo una logica tutta bellicista e proprio da ciò deriva – allo stato – la mancanza di qualsiasi sblocco. Vale soprattutto per la guerra di Gaza, in un clima incattivito e ancora più grave dopo le irresponsabili e inqualificabili dichiarazioni del presidente turco. Per accattivarsi simpatie tra gli estremisti islamici, illudendosi di far dimenticare ed indebolire i movimenti che hanno dimostrato a lungo contro la corruzione nel governo turco, Erdogan ha lanciato accuse infamanti ed indegne contro Israele, definendo la sua politica peggiore di quella della Germania nazista.

Entrano così drammaticamente in gioco anche strumentalizzazioni propagandistiche e inqualificabili. Erdogan avrebbe potuto al contrario assumere ruolo di mediatore, senza schierarsi in modo indecoroso a sostegno degli estremisti di Hamas.

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Sono se non i soli responsabili della grave crisi nella striscia di Gaza, costituiscono comunque una delle parti in conflitto e senza un loro coinvolgimento positivo in una trattativa con gli israeliani, la crisi bellica non è destinata a finire.

Anche in Ucraina restano tensioni e contrasti, nonostante l’immane catastrofe del boeing abbattuto a 10.000 metri da un missile di fabbricazione russa. Non mancano le accuse reciproche tra Mosca e Kiev. lo strazio di quei corpi raccolti nei sacchi di plastica, gli episodi di sciacallaggio sui bagagli e i documenti personali, gli osservatori guardati sempre a vista dagli uomini armati ed incappucciati delle milizie separatiste, mostrano che neppure la più atroce delle morti, la più grave offesa alla dignità delle vittime che meriterebbero rispetto e pietà, non modificano nella sostanza diffidenza e contrapposizioni.

Preso nella spirale della guerra ciascun belligerante presume di stare dalla parte giusta e potere di conseguenza assumere anche comportamenti disumani e crudeli per la bontà presunta della sua causa. È la negazione drammatica di ogni sforzo per costruire una pace duratura e riconoscere l’altro. Già gli antichi romani del resto affermavano che “se vuoi la pace, prepara la guerra”. Ma la pace intesa in tal modo si riassumeva nell’atroce conseguente affermazione di distruzione e di morte : fecero un deserto e lo chiamarono pace.

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