Aveva fatto tutti gli esami, aveva scritto la tesi di laurea ed era pronto per discuterla davanti alla commissione dell’Università di Tor Vergata, ma il Tribunale di Sorveglianza di Roma gli ha negato questa possibilità. La vicenda – protagonista Giuseppe G., detenuto di 56 anni, da oltre 20 recluso a Rebibbia Nuovo Complesso e condannato al «fine pena mai» – ha spinto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni a scrivere una lettera al presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma Alberto Bellet.
«Giuseppe sarebbe stato – sostiene il garante – il primo laureato del progetto ‘Teledidattica Università in carcerè: una esperienza, classificata ‘buona praticà dallo stesso Ministero di Giustizia, iniziata nel 2006 con l’Università di Roma Tor Vergata e che coinvolge, oggi ben 107 detenuti/studenti iscritti alle università della Regione contro i 16 di 8 anni fa. Non è mia consuetudine intervenire nel merito dei provvedimenti del Tribunale di Sorveglianza – ha detto Marroni – Nel caso di specie ritengo la decisione assunta ingiusta, frutto di una interpretazione restrittiva di una norma dell’Ordinamento Penitenziario».
Da quanto dice il Garante, Giuseppe aveva chiesto un permesso di necessità per discutere la tesi di laurea. Vistasi respinta la richiesta, l’uomo aveva presentato ricorso, rigettato il 30 aprile dal Tribunale di Sorveglianza con la motivazione che l’art. 30 prevede la concessione del permesso in caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente o in casi di eccezionale gravità. Casistica all’interno della quale non è ricompresa, secondo i giudici, la laurea.