No Tav, la Cassazione rispedisce al mittente il reato di terrorismo

La Cassazione accoglie il ricorso dei difensori dei quatro attivisti No Tav in carcere da sei mesi. Va riformulato il reato. Dubbi e polemiche su dissenso e repressione.

No Tav, la Cassazione rispedisce al mittente il reato di terrorismo
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16 Maggio 2014 - 10.58


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La notizia in sintesi è questa: la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del tribunale della libertà che ora dovrà riformulare il reato per i quattro attivisti in carcere, in base alle indicazioni della Cassazione. Cade quindi il reato di terrorismo. I ricorsi erano stati presentati dai legali di Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi, in carcere da cinque mesi con l’accusa gravissima di terrorismo.

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Inutile girarci intorno, è una sconfitta evidente per le scelte giudiziarie decise a Torino. “L’estrema forzatura dei pm con l’elmetto che hanno basato tutta l’accusa sul reato del 270 sexies (connesso al 280 ): attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, oltre che detenzione di armi da guerra e danneggiamenti… va in pezzi se giudicata fuori dalle mura amiche della città di Torino”.

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Soddisfatto uno dei legali degli attivisti, Claudio Novaro, che afferma: “Era un’accusa che non stava in piedi in alcun modo. Non stiamo parlando di una manifestazione di piazza e quello che accadde non ha nulla a che vedere con fatti di terrorismo”. Nella vicenda sotto la lente della Suprema Corte per la prima volta è stato applicato il reato del ‘270 sexies’, “attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, oltre che detenzione di armi da guerra e danneggiamenti”.

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In effetti la sproporzione per il danneggiamento di un compressone (e cose simili) e l’accusa di attentare allo Stato è abbastanza evidente. Come è evidente una certa sintonia tra forze politiche, imprese impegnate nel Grande Affare e media, tutti i principali schierati sul fronte Sì Tav. Per esempio stamattina Repubblica è affranta e scrive: “Strategie decise con grande sofferenza da Giancarlo Caselli nel suo ultimo anno come capo della Procura torinese che affermò un principio: Non perseguiamo la protesta ma semplicemente i reati commessi”. Ecco, per l’appunto: i danneggiamenti… Ma è bello leggere della “grande sofferenza” nel prendere decisioni così estreme e forti, che a molti sono sembrate repressive, utili per tacitare un dissenso vero, motivato, popolare come quello che esprime la Val Susa massacrata da una Grande Opera Inutile.

Scrive Notav.info: “Sarebbe ora di prendere atto dell’anomalia in corso nella procura torinese e nel pool di pm con l’emetto che oggi, dopo il dossier sulle strane amicizie del pm Rinaudo, la bufala dell’aggressione all’autista (montata poi da pm e media)e la sentenza odierna, ha perso definitivamente credibilità”.

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