Scuola, certificato antipedofilia all'italiana: solo per precari

Il certificato antipedofilia riguarderà solo ed esclusivamente gli insegnanti precari.

Scuola, certificato antipedofilia all'italiana: solo per precari
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9 Aprile 2014 - 19.22


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Il certificato della discordia si risolverà – come al solito – in un’”arrangiata” all’italiana: riguarderà esclusivamente i neoassunti, come dire se un docente, un bidello o qualsiasi altra figura che opera nella scuola è un orco, ma è di ruolo va bene lo stesso, potrà continuare a fare del male ai bambini, ma se è precario, prima di essere assunto deve dpresentare il casellario giudiziario. Insomma la solita soluzione italiana. Ne scrive nell’articolo che segue Giorgio Candeloro.

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Il clamore allarmistico sulla questione del certificato antipedofilia per bidelli e insegnanti, che ha provocato tensione e preoccupazione nelle scuole la scorsa settimana, sembra essere rientrato. Decisivo l’intervento del ministro della giustizia, Andrea Orlando, che ha chiarito che il documento servirà soltanto per i neoassunti e non per tutti i lavoratori della scuola.
Una presa di posizione chiarificatrice, che ha fatto tirare un sospiro di sollievo soprattutto ai presidi, ai quali sembrava diretta la disposizione, che sarà applicata in Italia in esecuzione di una direttiva europea. Sulla stessa lunghezza d’onda la circolare del ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, che in queste ore dovrebbe arrivare alle scuole. Con alcuni nodi ancora da chiarire e che riguardano appunto le supplenze: basta l’autocertificazione oppure servirà l’atto notorio? Nodi che vanno risolti subito, visto che a breve tra l’altro ci sarà l’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento.
L’allarme lanciato raccontava che, con decorrenza dal 6 aprile per tutti coloro che svolgono la propria attività in maniera diretta e regolare a contatto con i minori i datori di lavoro –il dirigente nel caso della scuola- avrebbero dovuto richiedere il certificato del casellario giudiziario e verificare che non vi fossero, a carico del lavoratore, condanne o procedimenti penali in corso per una serie di reati come prostituzione minorile, adescamento di minorenni, pornografia minorile, pornografia virtuale e turismo sessuale.

Per le scuole di ogni ordine e grado si sarebbe trattato di realizzare in tempi brevissimi un accertamento monstre su oltre un milione di persone tra docenti, personale Ata ed eventuali contrattisti esterni. Il tutto a carico dei presidi, sui quali era parso in un primo tempo che dovesse ricadere l’obbligatorietà di applicare il decreto legislativo 39 contenente le disposizioni in questione. Si era parlato addirittura di sanzioni amministrative tra i 10 e i 15mila euro per i dirigenti che fossero stati trovati inosservanti della norma in caso di successivi accertamenti. Dura, naturalmente la reazione dell’Anp, la più rappresentativa tra le associazioni di categoria dei dirigenti scolastici, che in una nota ha stigmatizzato l’enfatizzazione mediatica della questione ma ha anche ricordato che il certificato penale «è prodotto obbligatoriamente da tutti i pubblici dipendenti (fra cui anche i docenti) all’atto dell’assunzione e che non deve essere ulteriormente ripresentato fino a quando non si verifichino variazioni suscettibili di incidere sullo status».

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Le scuole, quindi, ha spiegato il presidente dell’Anp, Giorgio Rembado, «non devono fare proprio nulla, se non essere particolarmente attente per quanto riguarda la documentazione dei supplenti annuali e temporanei, per i quali l’obbligo di produrre i documenti di rito si rinnova con il primo rapporto di impiego stipulato dopo l’aggiornamento periodico delle graduatorie in base alle quali sono nominati». Anche questo puntuale chiarimento dovrebbe aver placato la notevole agitazione prodottosi nei giorni scorsi nelle scuole, dove il provvedimento era stato letto da molti come il pretesto per una schedatura di massa del personale.

I centralini dei principali sindacati erano stati presi d’assalto da telefonate di docenti preoccupati di dover produrre i certificati in tempi brevissimi, ma le domande hanno riguardato anche la legittimità del provvedimento e la sua effettiva possibilità di applicazione. Il tutto poi si è rivelato meno cruento degli annunci. Resta però da fare una riflessione su un sistema che tra i tanti compiti di presidi e segreterie pensa di potervi far rientrare anche la vigilanza e la prevenzione su eventuali maniaci sessuali e pedofili.

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