Scoppio nella fabbrica di botti: saltate in aria 10 tonnellate di polvere pirica

Il giorno dopo la tragedia rimane uno scenario di devastazione e morte nel pescarese. Quattro i morti, tutti della famiglia Di Giacomo.

Scoppio nella fabbrica di botti: saltate in aria 10 tonnellate di polvere pirica
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26 Luglio 2013 - 09.37


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Uno scenario di macerie e desolazione quello della collina tra Elice e Città Sant’Angelo, scenario ieri di una tragedia che l’Abruzzo difficilmente potrà dimenticare. Intorno solo cenere e devastazione, calcinacci, polvere e macerie. Alberi incendiati, ulivi secolari mangiati dal fuoco e la disperazione di chi vede le vite dei propri cari strappate in pochi istanti. È ripresa alle prime luci dell’alba l’operazione di bonifica della vasta area intorno alla fabbrica di fuochi d’artificio Di Giacomo, [url”rasa al suolo ieri da un’esplosione”]http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=47192&typeb=0[/url]. Le forze dell’ordine controllano un’area di qualche chilometro quadrato e impediscono a chiunque di avvicinarsi: durante la notte, infatti, sono stati uditi scoppi di petardi e si sono viste fiammelle nei campi intorno all’area.

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I testimoni raccontano che si è trattato un boato terrificante, creato da almeno 10 tonnellate di polvere pirica che ha subito ucciso tre persone della famiglia Di Giacomo, il titolare Mauro, 45 anni, e il fratello Federico, 39, più l’altro parente Roberto, 50 anni. E mentre su mezza provincia pescarese un immenso e impressionante fungo atomico biancastro si alzava nel cielo, la tragedia non si era ancora compiuta definitivamente: ambulanze, vigili, soccorsi e vigili del fuoco, sirene e elicotteri si avviavano verso Villa Cipressi, frazione agricola di Città S.Angelo, strada provinciale 49, verso la collina in fiamme, e con loro anche Alessio, il figlio 22enne di Mauro.

Nel primo pomeriggio sono stati ritrovati i corpi dei tre dispersi.

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Nel frattempo, ieri sera è stato dimesso dall’ospedale di Penne (Pescara) l’altro componente della famiglia Giordano, salvatosi miracolosamente riparandosi dentro il bunker di cemento armato della fabbrica.

Dalle prime indagini si è appreso che sarebbe stato il deposito giudiziario di botti illegali ad esplodere per primo. Testimoni e prime ipotesi d’indagine confermano che l’incidente ha avuto origine non nella fabbrica Di Giacomo ma nella casamatta giudiziaria. Le esplosioni sono state due: la prima, intorno alle 10.15, si è verificata nel deposito autorizzato nel quale le forze dell’ordine conservavano in deposito giudiziario tutti i botti sequestrati illegalmente nelle varie indagini in Abruzzo. La seconda esplosione, che ha ucciso il giovane Alessio, è avvenuta nella fabbrica.

Sergio è l’unico testimone oculare – Si chiama Sergio, 66 anni, ed è il trattorista di un’azienda agricola che ha i terreni sulle colline prospicienti la fabbrica Di Giacomo. “Stavo arando il terreno quando mi sono dovuto fermare e spegnere perché avevo appena ricevuto una telefonata – inizia il racconto Sergio, ex militare nel genio pionieri dei paracadutisti – stavo proprio guardando in quella direzione, quando all’improvviso si è scatenato l’inferno. Sotto di me il terreno ha cominciato a sollevarsi, fumo, polvere e un rumore incredibile, ma il ricordo più forte è la pioggia di macerie incandescenti. Tutti gli incendi dei terreni circostanti – prosegue – è stava dovuta proprio a questi blocchi di cemento o altro materiale che sono caduti sul terreno dopo l’esplosione, come palle di fuoco”.

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