Il figlio di Preiti in pasto ai media penosi

Sono nella schiera di chi pensa che l’Ordine non ha più senso, e quello che è successo ne è la prova. È ora che si metta ordine. Lo dice la parola. [Ginevra Derivi]

Il figlio di Preiti in pasto ai media penosi
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29 Aprile 2013 - 16.16


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di Ginevra Derivi

«Informazione estranea alle regole elementari della professione» ha detto il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Iacopino quando lo scempio si era consumato: le interviste al figlio undicenne di Preiti, l’uomo che ha sparato davanti Palazzo Chigi.

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Personalmente, sono nella schiera di chi pensa che l’Ordine non ha più senso, e quello che è successo ne è la prova. L’Ordine se sopravvive, nell’attesa di un moderno ripensamento di questa professione, dovrebbe mettere ordine. Lo dice la parola. E quando le regole elementari, medie e alte, non vengono rispettate, si devono sanzionare con severità, immediatezza e senza riserve.

Giornalisti responsabili e direttori (ir)responsabili vanno accompagnati all’uscita, soprattutto questi ultimi, spesso sopravvalutati professionalmente, oltre che strapagati.

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La verità è che l’informazione oggi si distanzia poco dallo spettacolo, e le regole che dominano sono quelle spietate dello spettacolo: gomitate, spallate e una dose massiccia di cinismo spietato. E se è per pochi soldi, come spesso accade, tutto spinge ad una corsa cattiva, cattivissima. Non c’è chi insegna, soprattutto l’umiltà, non c’è chi è disposto ad imparare, con umiltà. Si entra in questo mestiere convinti non di iniziare ma d’aver tagliato il traguardo, e si procede rincorrendo l’acquisizione di punti premio, come gladiatori, con l’unica regola di avere la meglio, di eliminare i concorrenti.

In queste ore è uno tzunami di post: «Chi, meglio di un bambino di 11 anni può capire cosa passa per la testa di un uomo che decide di sparare alla gente?» si scrive con amara ironia.«Pensavamo di aver visto tutto, invece…» un altro post. «Mi rivolgo ai giornalisti: Fermatevi!» uno dei tanti inviti.

Nei giorni scorsi si sono sentiti commenti pesanti su chi fa questo mestiere. E sono stati respinti, giustamente, con sdegno. Ma occorre mettersi in regola, e assumere il massimo di responsabilità, proprio per avere diritto allo sdegno. Non sono ammessi scivoloni, soprattutto mettendo i tacchi sull’animo ferito di un bambino.

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