Mosca minaccia il giornalista de La Stampa. Il governo balbetta e parla solo di "tono inopportuno".

Una inchiesta di Jacopo Iacoboni ha sollevato dubbi sugli aiuti inviati dalla Russia per l'emergenza del coronavirus. L'attacco degli uomini di Putin è stato molto più che duro.

Militari russi in Italia per l'emergenza coronavirus
Militari russi in Italia per l'emergenza coronavirus
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Aprile 2020 - 15.24


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Un avvertimento in puro stampo mafioso. Di chi, evidentemente, si sente padrone dell’Italia, al punto di applicare anche nel nostro Paese la sua idea di “libertà di stampa. I giornalisti scomodi vanno zittiti. Con ogni mezzo. E’ il “metodo russo”: i giornalisti scomodi e non comprabili si mettono in galera o si eliminano (Anna Politkovskaja docet).

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La storia

Il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkov,  ha pubblicato  su Facebook una lettera indirizzata alla Stampa in cui accusa il giornale di aver pubblicato una serie di articoli non veritieri riguardo agli aiuti inviati dalla Russia in Italia per fronteggiare l’emergenza  Coronavirus. 

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Le inchieste a cui si riferisce Konashenkov sono tre, firmate dal giornalista Jacopo Iacoboni: in una si sostiene che le forniture russe inviate in Italia siano per l’80 per cento totalmente inutili, o poco utili all’Italia: l’inchiesta cita “fonti politiche d alto livello” politiche fonti anonime e sostiene che «a differenza, per dire, delle spedizioni cinesi (consistenti soprattutto in ventilatori polmonari e mascherine), quelle russe sarebbero attrezzature per la disinfestazione batteriologica di aree, un laboratorio da campo per la sterilizzazione e la profilassi chimico-batteriologica, e attrezzature di questo tipo».

In un altro articolo dice che un contingente esperto in guerra batteriologica russo, atterrato a Pratica di Mare, si sta dispiegando nell’area di Bergamo, senza che sia stato riferito dalle autorità italiane, e secondo fonti della Stampa trasporta «strutture per la disinfezione antibatteriologica di intere aree».

A detta di queste fonti, «la reale contropartita della telefonata è stata dunque tutta geopolitica e diplomatica: Putin ha visto nel Coronavirus un’opportunità per incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano, e al premier italiano non è dispiaciuto puntellarsi, in questa difficile crisi, accettando tutto ciò pur di consolidare un’ottima relazione personale con la sponda politica di Mosca».

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In un altro articolo  si sostiene invece che tra i medici militari russi inviati in Italia si siano infiltrati anche ufficiali dell’intelligence russa. Secondo quanto riferito  alla Stampa da Hamish De Bretton-Gordon, ex comandante del Joint Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Regiment e del battaglione Nato Rapid Reaction, “Cbrn”, nell’invio di militari russi in Italia c’è qualcosa che non torna.

«Senza dubbio tra loro ci sono ufficiali del Gru (il direttorato dei servizi segreti militari russi). Vorranno scoprire il più possibile sulle forze italiane, stabiliranno reti di intelligence, ci sarà un’enorme quantità di attività in corso proprio ora», ha detto al giornale. Konashenkov – dopo che nei giorni scorsi già Sergey Razov, l’ambasciatore russo in Italia, aveva replicato alle posizioni della Stampa – ha criticato duramente il giornale italiano dicendo che «nascondendosi dietro agli ideali della libertà di parola e del pluralismo di opinioni, nei suoi articoli La Stampa manipola i fake russofobi della peggior specie dell’epoca della guerra fredda, citando non meglio definiti “pareri” di anonime “fonti altolocate”.

Nel farlo, La Stampa non disdegna di far ricorso a qualunque invenzione dei propri autori, seguendo le linee guida dei manuali di propaganda antisovietica, a quanto pare, non ancora marciti».

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Konashenkov conclude la lettera con una frase minacciosa: «Per quanto concerne i committenti veri della campagna mediatica russofoba di La Stampa, che ci sono noti, consigliamo loro di imparare un’antica saggezza: Qui fodit foveam, incidet in eam (chi scava una fossa al prossimo ci finirà prima). O, per essere ancora più chiari: Bad penny always comes back».

Inopportuno”

In Paesi che difendono la propria sovranità, e la libertà di stampa, il meno che si sarebbe fatto da parte del Governo sarebbe stata la convocazione dell’ambasciatore russo per “chiarimenti” e pretendere scuse formali da parte del Cremlino.  Ma in Italia evidentemente non è così.

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In Italia la minaccia di un generale russo viene definita “inopportuna”. Il ministero della Difesa e quello degli Esteri hanno diffuso una nota congiunta con cui da una parte chiariscono gli scopi dell’intervento russo in Italia, dall’altra biasimano “Il tono inopportuno” delle dichiarazioni rese da Mosca. L’Italia è grata alla Russia per gli aiuti – si legge nella nota congiunta – ma allo stesso tempo non si può non biasimare il tono inopportuno di certe espressioni utilizzate dal portavoce del ministero della Difesa russo nei confronti di alcuni articoli della Stampa italiana. La libertà di espressione e il diritto di critica sono valori fondamentali del nostro Paese, così come il diritto di replica. In questo momento di emergenza globale il compito di controllo e di analisi della libera Stampa rimane più che mai essenziale”.

La replica di Iacoboni: “Ognuno legga e si faccia un’idea. La nota, dettaglio importante, è firmata dai ministeri della Difesa e degli Esteri italiani. Non è una nota di Palazzo Chigi”. Da sottolineare che né Palazzo Chigi né la Farnesina o il ministero della Difesa avevano manifestato riserve sugli articoli di Iacoboni.

Il tono delle dichiarazioni arrivate da Mosca preoccupa il mondo politico. Scrive il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi: “Il Governo convochi l’ambasciatore russo e chieda immediatamente di ritirare le parole dal chiaro sapore intimidatorio indirizzate al giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni, pretendendo le scuse del governo russo. Quanto è accaduto è gravissimo, le minacce al cronista sono state messe nero su bianco sul profilo Facebook ufficiale dell’Ambasciata e firmate dal portavoce del Ministero della Difesa maggior generale Igor Konashenkov, nel momento in cui alcune decine di rappresentanti del personale militare russo sono a lavoro proprio in Italia, in Lombardia, nell’ambito di un aiuto per la lotta all’emergenza Coronavirus”.

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Il segretario di Più Europa Benedetto Della Vedova parla di “minacce inaccettabili e chiede che il premier Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio chiamino il Cremlino. La Russia  – prosegue Della Vedova – insegna che alle aggressioni verbali seguono le aggressioni fisiche. Senza scuse ufficiali, la presenza militari russi non è più tollerabile”.

Il Pd per bocca della deputata Alessia Rotta, chiede al titolare della Farnesina, Luigi Di Maio “di far immediatamente sentire la sua voce”. “Il governo, a partire dal presidente Conte e dal ministro degli Esteri Di Maio, convochi l’ambasciatore e pretenda immediatamente le scuse del Cremlino”, scrivono Elena Grandi e Angelo Bonelli. di Europa Verde .”Se Luigi Di Maio si ricordasse di essere ministro degli Esteri, superato lo stupore iniziale reagirebbe” cinguetta polemicamente il senatore Andrea Cangini di Forza Italia

“Ci sono cose su cui non si può transigere – dice a Globalist Arturo Scotto, coordinatore nazionale di Artico1-Mdp -.Una di queste si chiama libertà di stampa. In Italia si usa così: un giornalista che scrive un pezzo non può essere minacciato da nessuno, tantomeno da un generale russo. Quando accade scatta l’allarme rosso e si rischia di mettere in discussione uno dei capisaldi della Costituzione italiana. Per questo penso che occorra una condanna ferma da parte di tutte le istituzioni per le minacce contro Iacoboni”.

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In un comunicato, il Comitato di redazione de La Stampa ha espresso “sdegno per il grave attacco del ministero della Difesa russo al giornalista Jacopo Iacoboni…. Il rappresentante del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha accusato La Stampa di manipolare “fake russofobi della peggior specie” e di seguire “le linee guida dei manuali di propaganda antisovietica”. Infine la minaccia al nostro giornale: “Qui fodit foveam, incidet in eam (chi scava una fossa prima o poi ci finirà dentro).” Un’autentica intimidazione che ancora una volta conferma – se mai ce ne fosse stato il bisogno – gli strumenti con i quali la Russia controlla l’informazione, e non solo. Ma soprattutto il tentativo inaccettabile di esportare questi metodi fuori dai loro confini, nel nostro Paese, in Europa. Un fatto che rischia di diventare un grave precedente se il nostro Governo non chiederà immediati chiarimenti. E soprattutto le necessarie scuse”.

Chiarimenti e scuse che non arrivano anche perché non richieste. Ma si sa: Putin ha tanti esegeti in Italia. E anche a busta paga.

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