La denuncia di Anzaldi: "Alle poste ancora oggi devi entrare nelle cabine metal detector che sono infette"
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La denuncia di Anzaldi: "Alle poste ancora oggi devi entrare nelle cabine metal detector che sono infette"

"A casa mi sono portato un senso di assurdità e indignazione per il modo in cui lo Stato, persino nel fronteggiare un'epidemia, riesca a distruggere con una mano quella che l'altra ha tentato di costruire".

La cabina
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31 Marzo 2020 - 09.13


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Il parlamentare di Italia Viva Michele Anzaldi ha postato nella sua pagina facebook un sua personale esperienza. “Dopo l’avviso di raccomandata lasciato senza poterla ritirare direttamente e quindi costringendo al ritiro allo sportello pur essendo a casa come quasi tutti gli italiani, ecco la cabina metal detector dentro la quale passare per entrare e per uscire dall’ufficio postale. Sono non una ma, incredibilmente, due le occasioni in cui Poste Italiane ha contraddetto le indicazioni fornite dallo Stato per contenere l’epidemia da coronavirus. Possibile che nessuno intervenga, che non ci sia alcuna gestione attenta dell’emergenza? A rischiare sono innanzitutto proprio i dipendenti di Poste, alcuni dei quali hanno purtroppo pagato un prezzo altissimo.
Con la raccomandata lasciata dal postino qualche giorno fa senza verificare se fossi o meno a casa, Poste mi aveva costretto non solo a infrangere la regola fissata dallo Stato di non uscire ma mi ha spedito nell’ufficio più lontano da casa mia, perché quello di zona era chiuso.
Oggi è riuscita a fare anche di peggio. Premesso che nel tratto di strada da casa all’ufficio postale, ho chiesto senza successo a ben tre ferramenta se avessero delle mascherine (ma non ne erano arrivate milioni?), una volta arrivato davanti alla filiale indicata nella raccomandata, mi sono messo in fila. La gente in attesa era molta e, anche se tutti erano attenti a mantenere le distanze, si sa bene che si è comunque esposti al virus. Dunque, sono stato in fila oltre i 15 minuti entro i quali si è a rischio per contatti stretti.
Quando finalmente è arrivato il mio turno, ho capito che il peggio doveva ancora venire. Per entrare, nonostante dovessi solo ritirare un documento, dovevo per forza passare dalla cabina con il metal detector in entrata e poi in uscita. Quindi sostare per ben due volte senza maschera in una scatola chiusa, in cui erano passate centinaia di persone, senza alcun possibile ricambio d’aria. In altre parole, apparentemente una situazione ad alto rischio contagio.
Ma come, lo Stato ci fa stare (giustamente) in casa e poi Poste, cioè sempre lo Stato, ci obbliga in primo luogo ad uscire per ritirare una raccomandata che avrei dovuto ricevere a casa e poi recarci in filiali strutturate in modo da moltiplicare le occasioni di contagio? A quel punto, anche considerato che nei prossimi giorni avrò comunque occasione di incontrare centinaia di colleghi deputati per le sedute previste, non mi è parso giusto proseguire.
La raccomandata è rimasta lì. A casa mi sono portato un senso di assurdità e indignazione per il modo in cui lo Stato, persino nel fronteggiare un’epidemia, riesca a distruggere con una mano quella che l’altra ha tentato di costruire”.

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