"State a casa, non vanificate i nostri sforzi". La supplica dell'infermiera che mostra i lividi per le mascherine
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"State a casa, non vanificate i nostri sforzi". La supplica dell'infermiera che mostra i lividi per le mascherine

L'appello di Alessia Bonari, infermiera all'ospedale di Grosseto: "Noi giovani non siamo immuni, anche noi ci possiamo ammalare, o peggio ancora possiamo far ammalare"

L'infermiera
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11 Marzo 2020 - 09.32


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“Sono i un’infermiera e in questo momento mi trovo ad affrontare questa emergenza sanitaria”. Inizia così il racconto che Alessia Bonari, giovane infermiera dell’ospedale di Grosseto, affida a Instagram, lanciando un appello a rispettare le misure imposte dal governo per il contenimento del coronavirus.
“Sono stanca fisicamente perché i dispositivi di protezione fanno male, il camice fa sudare e una volta vestita non posso più andare in bagno o bere per sei ore”, racconta Alessia. Ma la foto che accompagna il suo post vale più di mille parole: si vede una ragazza con il camice e sul volto i segni della stanchezza e i lividi degli occhiali che dovrebbero proteggerla mentre lavora con i malati.
“Quello che chiedo a chiunque stia leggendo questo post”, è l’appello di Alessia, “è di non vanificare lo sforzo che stiamo facendo, di essere altruisti, di stare in casa e così proteggere chi è più fragile. Noi giovani non siamo immuni al coronavirus, anche noi ci possiamo ammalare, o peggio ancora possiamo far ammalare”, continua.
Alessia Bonari si è laureata in Infermieristica a Siena nel 2018 e da meno di un anno lavora all’ospedale di Grosseto. Ora si trova in prima linea contro il virus che sta terrorizzando il mondo e che sta tentando di mettere in ginocchio l’Italia. “Ho paura anche io, ma non di andare a fare la spesa”, scrive pensando forse alle scene di assalti ai supermercati delle ultime ore. “Ho paura di andare a lavoro. Ho paura perché la mascherina potrebbe non aderire bene al viso, o potrei essermi toccata accidentalmente con i guanti sporchi, o magari le lenti non mi coprono nel tutto gli occhi e qualcosa potrebbe essere passato”.
Il pensiero va ai colleghi che lavorano con lei e ai malati che tentano di salvare: “Sono stanca psicologicamente, e come me lo sono tutti i miei colleghi che da settimane si trovano nella mia stessa condizione, ma questo non ci impedirà di svolgere il nostro lavoro come abbiamo sempre fatto. Continuerò a curare e prendermi cura dei miei pazienti, perché sono fiera e innamorata del mio lavoro”.
A Grosseto il primo paziente positivo al coronavirus è stato registrato il 4 marzo. Da una settimana, medici e infermieri lavorano in una situazione che si fa ogni giorno più drammatica. “Non mi posso permettere il lusso di tornarmene a casa mia in quarantena”, scrive Alessia, “devo andare a lavoro e fare la mia parte. Voi fate la vostra”, conclude, “ve lo chiedo per favore”.

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