Per Lucia Annunziata siamo tutti pendolari: seh, come no?
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Per Lucia Annunziata siamo tutti pendolari: seh, come no?

La retorica dei media è assurda. Alcuni giornalisti che non hanno mai preso un treno dei pendolari adesso ci spiegano come si viaggia.

Il luogo dello scontro tra treni
Il luogo dello scontro tra treni
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13 Luglio 2016 - 21.34


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di Pietro Manigas
“Treni veloci, treni lenti, treni ricchi, treni poveri, treni delle vacanze, treni degli studenti. Nella geografia italiana, lunga e stretta, i treni sono parte della nostra vita. Sono anzi la forma che prende la nostra vita. Tutti siamo pendolari”. C’è da dire che questo incipit di Lucia Annunziata è colma di poesia. Siamo tutti pendolari, come siamo tutti Charlie Hebdo e tutti Je suis Paris. Emmò basta! Noi siamo pendolari, per fame, per scelta, per lontananza dai luoghi di studio. Voi no. Siete stanziali.
Quindi basta. Non siamo tutti pendolari. La retorica dei media non si ferma di fronte a niente e nessuno. “Quelle lamiere aggrovigliate in mezzo agli ulivi sono qualcosa che non importa come, non importa in quali circostanze, continuiamo a incontrare nella nostra vita di cittadini. È l’altro volto di tutte le vanaglorie che ci raccontano sull’Italia; è il brusco atterraggio sulla realtà quotidiana, dopo tante chiacchiere sulle magnificenze dei grandi progetti e sulle ancora più grandi promesse.

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C’è sempre, in Italia, il buco nero di un pozzo che ci si para davanti e su cui ci affacciamo per scoprire quanto fragile, incerta, non garantita sia la vita quotidiana di tutti noi in questo paese. Uno di quei pozzi si è aperto oggi in mezzo agli ulivi sulla linea ferroviaria fra Andria e Corato”. Quindi? Non siamo tutti pendolari, lo sono quelli che sono costretti a percorrere le strade della fragile e incerta, sicuramente non garantita vita quotidiana. Lo sono quelli che vivono le periferie faticose e per lavorare, per un voucher, devono ammassarsi su questi treni uguali in ogni periferia del mondo che quotidianamente si offrono al racconto e alla denuncia. Non solo quando muoiono i poveretti in viaggio.
Si chiama realtà. Ossia quella parte della vita sconosciuta alla politica e ai media, i luoghi dove vivono, viaggiano, si incavolano gli esseri umani normali, prima che vengano richiamati dalla demagogia a votare questo o quello. Inconsapevolmente, visto che i media non è che pongano la loro attenzione sulle questioni di giustizia. Altrimenti ben prima si sarebbero accorti della volgarità espressa dalle decisioni di una politica piegata agli interessi del sistema finanziario che prevede solo investimenti per treni costosi da ricchi, dimenticando quelli dove viaggiano le persone normali.

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Quindi, non siamo tutti pendolari. E non vale esserlo solo per aver viaggiato su Frecciarossa in prima classe.

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