Ciao papà: la memoria condivisa di Walter e Vittorio

Veltroni ha scritto un libro sul padre mai conosciuto. Un ritratto privato che racconta due generazioni di italiani

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27 Ottobre 2015 - 18.23


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di Giancarlo Governi

Walter Veltroni l’ho conosciuto giovanissimo perché la sua mamma Ivanka lavorava con me in Rai. Si occupava di varietà, la signora Veltroni, e noi sfruttavamo le conoscenze molto alte che lei si portava dietro da quando suo marito Vittorio era un importante dirigente della Rai. Ricordo che Storia di un italiano nacque da un contatto con Alberto Sordi procuratoci da lei. Era stata assunta dopo la morte prematura di suo marito che l’aveva lasciata con due bambini di sette anni e di un anno, Valerio e Walter. Ivanka era una signora colta, simpatica e sempre allegra che parlava dei suoi figli con molto orgoglio. Walter era appassionato di cinema e voleva fare il regista ma fu catturato dalla politica e iniziò una carriera straordinaria che lo portò ai ruoli di vice presidente del Consiglio, di ministro della Cultura, di sindaco di Roma e di candidato premier con il neonato Partito Democratico. Ma la passione per il cinema e per la scrittura fu sempre viva tanto che, ora che ha cessato di fare il politico, Walter ha finalmente potuto dare sfogo con successo alle sue passioni.

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Ma la figura di questo padre perduto a un anno di cui non può avere memoria è rimasta sempre viva nel bambino, nel ragazzo e nell’uomo Walter. E’ come se avesse ricostruito in tutti questi anni nella sua memoria il proprio padre. Ha cercato i documenti, è andato a parlare con i suoi colleghi e amici (alcuni molto importanti come Sergio Zavoli, come Mike Bongiorno, come Alberto Sordi…) per farsi raccontare questo padre che aveva accompagnato la crescita della radio in Italia e stava contribuendo alla affermazione della televisione degli italiani. Vittorio Veltroni, oltre ad essere un valente giornalista era anche un eccellente uomo di spettacolo che aveva scritto per comici importanti come Sordi o come Rascel, aveva scovato e aiutato a nascere e a crescere veri talenti come lo stesso Sordi e soprattutto Mike Bongiorno che faceva il giornalista radiofonico e che lui convinse a rimanere in Italia, a farsi italiano e a diventare il presentatore numero uno della neonata televisione, quello che fece scoprire il mezzo agli italiani.

Questi materiali di memoria si sono accumulati nella mente di Walter per tanti anni e, al compimento dei sessanta anni, ha deciso di dar loro corpo, di materializzarli, sotto forma di romanzo. Veltroni immagina che nel giorno di Ferragosto quando Roma è in mano ai turisti, dopo un pomeriggio passato in perfetta solitudine al Parco dei Daini che fu il luogo dei suoi giochi di bambino, al ritorno a casa di ritrovarsi questo padre sul pianerottolo di casa che lo aspetta seduto sulle scale. E’ l’incontro tanto atteso, tanto favoleggiato che si manifesta nella maniera più semplice, con un “ciao papà”, una parola che non aveva mai potuto pronunciare come tutti i bambini e i ragazzi della sua età. “Ciao papà, entra” dice Walter che ha l’età, ora sessantenne, per essere il padre di suo padre che lo ha lasciato quando di anni ne aveva soltanto 37. E lì, come in un romanzo, i due si raccontano, proprio nella casa di famiglia dove il genitore morì, dove morì Ivanka e dove il nonno materno di Walter fu portato via dalla Gestapo. Finalmente per Walter la figura assente del padre si materializza grazie al patrimonio inestimabile della memoria. E sono due vite che si incontrano ma c’è anche il racconto di un’altra Italia, quella che quei ragazzi entusiasti che sapevano fare gruppo, senza invidie e prevaricazioni, presero dalle macerie morali e materiali del fascismo e della guerra e la avviarono verso la resurrezione.

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E il confronto fra quella Italia lì e quella di oggi arriva inevitabile ed è ovviamente impietoso. L’emblema di queste due Italie è racchiuso nella foto di gruppo in cui il papà di Walter se ne sta al centro indicando un punto lontano al di là dell’obiettivo, un gesto che forse sta a mostrare il futuro a cui puntavano quei ragazzi di tanti anni fa che amavano stare insieme, lavorare insieme, sognare insieme e fotografarsi felici. Mentre invece oggi – dice Walter – si è capaci soltanto di farsi un selfie, l’atto narcisistico più significativo del nostro tempo.

Walter ha ritrovato suo padre e sa anche dove ritrovarlo, ogni volta che lo vorrà “basta non smettere mai di cercarci” dice “Questo è il nostro luogo di incontro segreto, il nostro appuntamento”. E’ il luogo della memoria, Della memoria individuale che si fa memoria collettiva e che ci permette di dare continuità alle generazioni e ai sogni dei padri che diventano i sogni dei figli. Una continuità a cui dà significato la piccola parola “Ciao”, con cui ci si saluta quando ci si incontra ma anche quando ci si lascia.

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