Portare la Resistenza nelle scuole per una cultura di pace e puntando ad una riduzione delle spese militari

Questa scuola che unisce l’insegnamento della Storia all’educazione civica e costituzionale richiederebbe tempo, insegnanti e fondi. E questi non si trovano mai. Ma diminuendo la spesa militare...

Portare la Resistenza nelle scuole per una cultura di pace e puntando ad una riduzione delle spese militari
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

27 Aprile 2022 - 18.03


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Carlo Calenda ha avuto un’idea brillante. Riportando i riflettori della piazza su associazioni partigiane e di deportati troppo a lungo trascurate da un racconto che ha ridotto il mondo dei partigiani a quello della sola Anpi, un riduzionismo pernicioso come tutte le semplificazioni che non danno più conto della complessità, della quale ovviamente l’Anpi in questo caso è parte assai rilevante, Carlo Calenda ha proposto che le scuole siano aperte nel giorno della Festa della Liberazione, il 25 Aprile, per insegnare ai giovani i valori della Resistenza. Quei valori hanno fondato la nostra Repubblica ma non sono stati conseguiti con una scampagnata, è bene che si sappia cosa sono, perché contano e come tanti diversi soggetti hanno saputo convergere per loro e con loro.

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L’idea di Carlo Calenda merita attenzione. Se in campo religioso molti hanno spesso criticato la riduzione del Natale a una sagra consumista, è bene che anche l’Italia laica, credente e non credente, sappia distanziarsi dalla riduzione del 25 Aprile a un’occasione per farsi un bel ponte, o una scampagnata. La scuola riproposta al centro del 25 Aprile è molto meglio di tante frasi imbalsamate, corone già appassite, forme senza sostanza. Così però viene da pensare che la Storia, che qualcuno voleva espungere dal nostro sistema scolastico o quanto meno ridimensionare, ne dovrebbe tornare asse culturale e formativo, allargandola magari ai mondi a noi attigui e che oggi interagiscono con noi. Non è sopportabile convivere con l’Oriente e con l’Africa senza sapere nulla del loro passato, o dei nostri passati comuni.

Questa scuola che unisce l’insegnamento della Storia all’educazione civica e costituzionale richiederebbe tempo, insegnanti e fondi. E questi non si trovano mai.

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Per trovarli si potrebbe pensare di cambiare l’ordine delle priorità nazionali. Basterebbe, io credo, ridurre del 2% la spesa militare per trovare un 2% da destinare a questa scuola, a questi insegnamenti.

Togliere da tutti i bilanci militari, russi ed europei, e magari non solo da essi, per dare un 2% a tutte le istruzioni sarebbe un modo per ripartire imparando il passato per cambiare il futuro, invece che distruggere il futuro per rincorrere il passato.

La guerra si basa, più che sulle armi, sulla paura e sull’ignoranza. E’ la soluzione di chi non sa e di chi non conosce l’altro, ne ha paura. Conoscere e farci conoscere costruisce per tutti un futuro diverso, che magari i tiranni non apprezzeranno, ma difficilmente potrebbero impunemente rifiutare se venisse proposto. I pochi fori europei, le poche Conferenza continentali ancora operanti, dovrebbero essere investite con una richiesta, minima, come questa. Per cominciare.

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Carlo Calenda ha dimostrato che un diverso modo di pensare può offrire spunti sempre importanti, sui quali cercare di costruire un avvenire diverso, invece che rincorrere un passato ripugnante.

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