Papa Francesco non incontra Kirill: rinvio diplomatico per non lasciare il Patriarca in balia delle orde fondamentaliste
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Papa Francesco non incontra Kirill: rinvio diplomatico per non lasciare il Patriarca in balia delle orde fondamentaliste

Santa Sede non deve aver scorto nelle intenzioni del patriarcato moscovita una disponibilità a raggiungere un terreno condivisibile.

Papa Francesco non incontra Kirill: rinvio diplomatico per non lasciare il Patriarca in balia delle orde fondamentaliste
Il patriarca Kirill e Papa Francesco
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

22 Aprile 2022 - 17.42


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Quella annunciata da Francesco potrebbe sembrare una resa: niente viaggio a Kiev, niente incontro con il patriarca russo, Kirill. Eppure Francesco ribadisce che la diplomazia vaticana non si ferma, lavora e non è il caso di svelare a cosa, altrimenti il lavoro non sarebbe più diplomatico, di mediazione. Ma se non è un passo indietro, che cos’è? A me sembra sia una denuncia e l’annuncio di un rilancio.


Il Papa ha spiegato di non prevedere un prossimo viaggio a Kiev perché se andasse e il giorno dopo il fuoco riprendesse uguale al giorno prima della sua visita cosa avrebbe fatto? Assolutamente nulla. E’ questa la denuncia! Chi vuole il dialogo e la soluzione del conflitto se tutti parlano di guerra?


Come non va a Kiev così non incontra Kirill. E con enorme eleganza si assume la responsabilità della decisione. Infatti nell’intervista Francesco afferma che si era convenuto un incontro a giugno a Gerusalemme tra le due parti, ma la diplomazia vaticana ha capito che questo incontro in questo clima avrebbe creato confusione. Cosa vuol dire? Certamente vuol dire quel che Francesco ha detto, ma se è lecito interpretarlo si può dire che la Santa Sede non deve aver scorto nelle intenzioni del patriarcato moscovita una disponibilità a raggiungere un terreno condivisibile.

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Le differenze tra Francesco e Kirill sono note, evidenti. Il primo ha definito questa guerra “sacrilega”, il secondo l’ha definita addirittura “metafisica”, cioè una guerra dalla quale dipende il destino dell’umanità, nella scelta tra seguire Dio e la sua legge o la perdizione occidentale. Disse qualcosa di destramente simile, se non più pesantemente di così, nella sua famosa omelia di guerra, del 6 marzo. E da allora ha solo rincarato i toni, parlando anche di nemico interno.


Francesco non vuole lasciare il patriarca in balia di queste onde fondamentaliste, e quindi assume sul Vaticano la responsabilità della decisione. Ma se il linguaggio del Vangelo non trova convergenze, la responsabilità difficilmente può essere attribuita a chi lo propone, almeno in campo cristiano. Come è noto neanche la tregua per la Pasqua ortodossa, che sarà domenica prossima e che il Vaticano ho chiesto aderendo alla richiesta del Segretario Generale dell’Onu è possibile: il silenzio moscovita al riguarda dice molto.


L’assunzione di responsabilità per il mancato incontro con il patriarca Kirill appare un gesto d’apertura, una mano tesa. La diplomazia vaticana infatti, dopo averci tanto lavorato, sarebbe arrivata alla conclusione che quell’incontro creerebbe confusione perché dopo un incontro del genere cosa si sarebbe potuto affermare insieme? La separazione dal potere politico del potere spirituale non è un argomento di casa a Mosca, questo è noto. Evidentemente occorre ancora quello che il grande cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato Vaticano dei tempi più più difficili del Novecento, ha chiamato “il martirio della pazienza”.

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L’annuncio di Francesco non è dunque una rinuncia, ma l’annuncio che il lavoro prosegue in attesa del tempo giusto: anzi, per costruirlo quel tempo. Questo appare certo, come però appare ancora difficile: continua la maratona in salita di Francesco, questo è evidente. E per un uomo come Francesco è impossibile pensare che la lettera indirizzatagli dalle famiglie rimaste intrappolate a Mariupol non l’abbia determinato a procedere comunque.

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