Perché Francesco non è populista, ma neanche elitista: è un figlio del Vangelo e del Concilio.
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Perché Francesco non è populista, ma neanche elitista: è un figlio del Vangelo e del Concilio.

Francesco ha scritto a Socci, gli ha detto che anche le critiche aiutano a procedere sulla via del Signore, e lo ha benedetto, firmandosi come suo fratello. E cosa c'è dietro questo gesto?

Perché Francesco non è populista, ma neanche elitista: è un figlio del Vangelo e del Concilio.
Papa Francesco
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

12 Dicembre 2021 - 12.05


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Antonio Socci ha capito. Ha capito e ci ha spiegato di aver capito nell’articolo pubblicato oggi con il titolo “Dalla parte di Francesco. Ora difendo Bergoglio, è un argine contro la laicità”.

E’ molto importante anche come ha capito. Mi piace, per il coraggio che questa ammissione comporta, partire da qui. Ha capito perché mentre era preso dal sacro furore di criticare (lui dice così, io avrei detto diversamente) Francesco, Francesco gli scritto, anni fa, e gli ha detto che anche le critiche aiutano a procedere sulla retta via del Signore, e lo ha benedetto, firmandosi come suo fratello.

Questo fatto ha colpito Socci, lo ha colpito l’estensione di quella benedizione a sua figlia, ai suoi cari. Ed è normale che sia così. Immaginiamoci nel nostro piccolo intenti a litigare ferocemente con un nostro collega, lui ci ringrazia degli insulti però, dicendo che anche quelli aiutano a capire, a crescere. Colpirebbe no? Figurarsi da parte di un papa. E questo ha colpito Antonio Socci. Lo dice nei termini più umani e quindi apprezzabili di questo mondo. E’ la realtà che conta per noi, per ciascuno di noi, più delle idee. Uno può essere convinto, anzi, convintissimo delle sue idee, ma il banco di prova è sempre la realtà. E la realtà potente di una lettera di riconoscimento a chi  accusava di tutto il pensabile un papa è una realtà con la quale è impossibile non confrontarsi.

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E qual è il più importante riconoscimento che oggi Antonio Socci fa a Francesco? E’ presto detto: che la sua Chiesa in uscita è presa dal modello evangelico, visto che che dice che a Francesco “non interessa avere tifosi, ma cristiani con il cuore ardente, che escano dalla sacrestie e vadano in giro”. Certo, non gli piace molto stare insieme a Eugenio Scalfari e Luigi Manconi, non lo nasconde, quasi che avverta che c’è un modo “vero” per essere tra i sostenitori di Francesco. Ma questo non conta. Conta che ha colto il punto essenziale, a mio avviso, della Chiesa in uscita: “andare in giro”, cercare gli uomini cioè. Anche Scalfari e Manconi, desumo io, o anche Socci, dovrebbero desumere Scalfari e Manconi.

Ma qui siamo di nuovo alle punture di spillo, alle chiacchiere da bar tra tifosi di una squadra contro quelli di un’altra. Socci ha capito che il popolare Francesco non è populista, ma non è neanche elitista, è un figlio del Vangelo e del Concilio. 

Ma ora dobbiamo immaginare un contesto diverso. E’ il contesto in cui senza una Chiesa in uscita abbiamo vissuti noi “secolarizzati” per tanti anni. Noi “secolarizzati” senza Francesco avevamo davanti a noi una Chiesa rinserrata, che non parlava con “gli altri”: non interessavamo a quella Chiesa, anzi, per essa eravamo un nemico. Francesco invece ci cerca, ci riconosce, parla con noi. E questo fa la differenza, una differenza enorme. Questa Chiesa non la deve pensare come Scalfari e Manconi, assolutamente no: ma a loro interessa perché loro interessano ad essa. Fraintendiamo alcune “novità” di Francesco? Ok, forse fraintendiamo. Possiamo anche fraintendere quel che dice Francesco, anche Socci, che è cattolico, lo deve aver frainteso. Tutti possiamo fraintendere.

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Ma ciò che conta è che ci interessa quello che dice, non per dire “la pensa come me”, ma per dire “mi interessa” e a lui interessa quel che dico io. Da fuori? Certo, e da dove altrimenti? Se la Chiesa esce, esce davvero, non resta nella sua societas perfecta, che mi esclude, mi combatte. 

La cosa importante è che oggi Francesco può riuscire anche a far dialogare chi la pensa come Manconi  e chi la pensa come Antonio Socci: non è che grazie a Francesco abbiamo scoperto di pensare allo stesso modo, di amare gli stessi colori, gli stessi scrittori, di prediligere le stesse località per le nostre vacanze. No! Abbiamo scoperto che possiamo parlarci, perché a lui posso interessare, se esce, e a me interessa se non mi vuole negare. 

Ora però vorrei invitare Antonio Socci a non dialogare con me, come ha fatto con il suo articolo coraggioso che mi ha molto interessato e del quale sinceramente lo ringrazio. Vorrei invitarlo a dialogare con un uomo che lui non conosce e che non può scrivergli perché non sa dove inviargli la sua lettera. Quest’uomo è arrivato in Italia come Enea, da una città in fiamme. Si portava sulle spalle non il padre, ma il figlio. Come Enea ha preso un barcone. E ora è qui. Non ha la pretesa di fondare una civiltà, neanche una città. Vuole solo conoscere me e lui, parlarci, magari raccontarci la sua storia, ma non può contattarci. Non sarebbe bello leggere questa sua intenzione e andare a trovarlo? Sono certo che al bar accanto al mare ci potremmo scoprire amici capaci di sorprenderci, e vivere insieme un diverso Natale. Il Natale di un’amicizia che per nascere a me ha chiesto solo pochi passi, a lui un lungo viaggio. Ma quel viaggio fatto per conoscere me è sorprendente come la lettera che ha ricevuto Antonio Socci. Basta andare a vedere e scoprirlo.   

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